Dontudaun

Dontudaun

“Dontudaun” è un racconto di Roberto Raffo. In copertina una foto fornita dall’autore

È un istante, le cose precipitano, che tu voglia o no. Forse sarà oggi mentre lavi i piatti della sera prima. Potrebbe succedere tra venticinque anni come per il ritorno di Laura Palmer. È un istante.

Ho premuto la punta del coltello contro la pelle, oh che bella che era, dopo aver chiesto a ChatGpt quale fosse il modo meno doloroso d’accoltellare qualcuno. Ha sgranato gli occhi e mi ha riempito le orecchie. L’istante.

In alcuni punti lo schermo del telefono appare ambrato, il giallo dello smile bacia il sangue, sporco l’orecchio nell’attesa di un segnale acustico. Carlo e io, un nodo alla nascita. Riesce a sentire il mio bisogno? L’impronta di una mano sporca di sangue segue il colpo contro il finestrino. La ferita aperta dà il permesso a parte della sua vita di uscire. Il mostro non risponde, so, ma speravo in un’eccezione.

Ho messo il suo corpo, vivo, sui sedili posteriori dell’auto quando l’ho salvata con un’azione da clown. Tre mesi sono bastati per entrambi. Quando il marito ha smesso di desiderarne il corpo, trovandone un altro, lei, trent’anni e sangue nutriente, prorompente e piena di potere, ha visto liquefarsi le catene. Ho guardato i suoi occhi, l’avrei fatta mia. Sarebbe stata una donna libera.

Madre, figlia, nuora e nipote. Nella sua casa il potere, finanziato da attività illecite era in mano alle donne a cui era riservato un sacrale rispetto. Un desiderio di venerazione, l’infallibilità, la vendetta.

Sento i cerchietti sulla pelle del volante, il sudore li riempie. Quanti anni ha vissuto il pezzo più vecchio di quest’auto? La rotonda sarebbe dovuta scomparire al mio passaggio a ottanta chilometri orari. Era una delle possibilità irreali di questo mondo, controllare l’incontrollabile. Ho accettato l’urto.

– Serviva del sangue.
– Ne sentiranno l’odore.

Svenuta.

Quando ho bussato a casa Lemortecerta per proporre un contratto d’energia elettrica, vidi Ilaria. Capelli e corvi. Disse no. Qualche volta la mia voce non è abbastanza e il suo uomo entrava e usciva dal carcere, un figlio per ogni uscita. Poi arrivò il sudore a sfondare le mie narici.

– Vieni ad allenarti insieme a me?

Entrai dove mi fu permesso.

Ho visto l’Onlyfans del corvo. Avrebbe amato solo me. Se fossi stato l’unico. Sopravvisse a me.
All’arrivo di Carlo l’odore di ferro nella macchina di Ilaria giunge un istante prima delle gelatine di sangue che ti ritrovi davanti agli occhi.

– Ora vorranno me.

Carlo tira fuori la storia del tritacarne.

Era stato lui a parlarmi del sesso con questa donna fantastica, le aveva aperto la porta di quel mondo e permesso di monetizzare il corpo. Chi ha la possibilità di permettersi un tuttofare così conoscerà cose di sé stesso ignorate e dimenticate. Occupandosi anche di alcuni affari sporchi mi aveva permesso di lavorare insieme a lui per ammorbidire le cadute di fine mese. Le nostre madri sorelle gemelle e noi nati a diciotto ore di differenza. In due luoghi lontani, tra loro.

I colpi di clacson di Ilaria sotto casa mia, sono stati gli ultimi due di quell’auto.

– Se mi prendono vado sottoterra.

In silenzio. Sapevo cosa avrei fatto: trasformare la loro rabbia in desiderio di vendetta, diventare il condannato.

Il blu, il vento, lo sciabordio e il grigio. Come tramonta il sole nei giorni di pioggia?
Un flebile battito cardiaco, il suo, e la mia coscia con un proiettile.

– È doloroso anche per me, cugino.

Preme di nuovo il grilletto mentre il foro della pistola guarda incuriosito la mia fronte.
Com’è stato sparire? Succede. E poi non succede più nulla.

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