Cosa resta della realtà?
Articolo di Martino Ciano
Corri fratello, ché gioia e sventura condividiamo in questo momento. Ci hanno preparato un futuro di radiazioni e di serate a lume di candela. Vorremmo ribellarci, ma ancora non siamo capaci di abbracciarci; ogni giorno ricordiamo al mondo che troppe cose non ci piacciono, ma ancora non siamo in grado di ammettere che ci siamo evoluti nell’abbrutimento. Si organizzano manifestazioni in favore della pace, ma la pace non ci piace e quando l’abbiamo avuta l’abbiamo esposta al dileggio. Quante persone ho incontrato nei bar o per strada che hanno detto Ormai siamo simili alle bestie, ma mai hanno ammesso, compreso io, che la stessa fine delle bestie facciamo; e seppur ci ricordiamo di questo triste destino solo nel momento in cui la tragedia si manifesta come un lampo, dimentichiamo in fretta e con la solita ansia riprendiamo il nostro cammino verso la felicità.
Raccontami fratello di questa felicità che dovremmo raccogliere sulla Terra. Forse chiedo troppo? Forse, seppur stanchi, dovremmo accontentarci di essere nonostante tutto vivi? Forse dovremmo gioire per la possibilità di sperare che il migliore dei mondi prima o poi arriverà, mentre oggi è comunque un buon giorno perché abbiamo mangiato, bevuto e dormito con apparente serenità?
In giro sento dire che del domani non v’è certezza, eppure noi tutti pensiamo solo all’avvenire e viviamo soltanto con l’avvenire in testa, come se ora, qui, noi non esistessimo e non avessimo nulla da fare. Invece, non solo ora, in questo momento, noi possiamo fare, ma senza ciò che siamo ora, senza avere contezza di ciò che facciamo adesso, non potremmo proiettarci nel dopo. Perciò, è un rumoroso chiacchiericcio ogni discorso pronunciato a favore di un progetto. Peggio dei progetti sono le previsioni e le statistiche che con largo anticipo vogliono fare uno schizzo del ciò che sarà.
Quindi fratello, cosa resta della realtà se non un dubbio, una scrollata di spalle, un alzare le mani davanti alla tragedia che ci fa gridare nulla c’entriamo con questo o quello, non abbiamo responsabilità per quanto sta accadendo o accadrà. E il presente è per noi una passeggiata innocente, inconsapevole. Non ci piace la realtà, ma qualcuno deve pur averla resa ciò che è. So che questo discorso è violento, ma anche noioso. Ascolteremmo per ore coloro che ci promettono avventure, radiosi avvenimenti futuri, sogni irrealizzabili che si possono però toccare per qualche istante con mano.
Li senti i nostri politici come sono capaci di gridare il loro ottimismo, la loro disperata tuttologia? Li ascolti bene quando alle loro parole vuote appiccicano significati contraddittori, cosicché tutto diventi possibile, realizzabile, auspicabile? E quando anche tu avverti la nota stonata nel mezzo della loro armoniosa falsità comunicativa, non ti senti come uno che si è appena svegliato da una seduta di ipnosi?
Corri fratello, apri la porta, muovi i tuoi passi nell’ambiente circostante, guardati intorno, indaga, osserva, compenetra e domandati: cos’è la realtà? Chi ci impone cosa è degno e cosa non è degno di attenzione?