La moustache. Emmanuel Carrère e “l’assenza”
Recensione di Antonio Maria Porretti. In copertina: “La moustache” di Emmanuel Carrère, edizione francese
Sfaldamento: frattura e disfacimento di un materiale.Sono queste le prime parole venutemi in mente al termine della lettura di “La Moustache” di Emmanuel Carrère, romanzo noto al pubblico italiano con il titolo “I Baffi”, pubblicato da Adelphi. Ma all’origine di esse, vi è quel fiume carsico che scorre nel sottosuolo dell’animo umano, che porta il nome di “Alienazione”. È il ritmo della sua corrente, l’intensità del suo flusso, la nettezza a prova di qualunque illusione e contraffazione della sua materia liquida, a scandire e frastagliare il percorso di questa storia in cui la realtà tende a perdere contorni; a sprofondare dentro un buio che non ammette vie d’uscita.
Cascarci dentro e annasparvi può essere di una facilità disarmante. Al protagonista, che non ha un nome, ma che si qualifica come marito di Agnès, amico di Serge e Véronique, collega di Jérôme e Samira nello studio di progettazione e architettura che gestiscono insieme a Parigi, a questo Egli/Lui destinato a rimanere ignoto, tutto capita a causa di un taglio di baffi. Gesto o azione di per sé di una banalità estrema, che però si trasforma presto in spirale, vertigine, erosione, avvio di un processo organico di perdita. O della sua ufficializzazione, poiché in genere certi éclats della coscienza non sopraggiungono improvvisi, risultanti invece da sgretolamenti interni che si rivelano quando la frana è già in corso. E una volta messosi in moto, il movimento precipitante incalza e si velocizza, abbatte, travolge qualunque difesa, lasciando solo detriti di dubbi.
È lui, il protagonista, vittima di un complotto ordito in primo luogo dalla moglie, allo scopo di farlo impazzire? O è forse vittima della follia altrui? Oppure è già impazzito e solo adesso se ne rende conto, riconoscendo quale stato di allucinazione domini e pervada ormai la sua vita? Domande che diventano stanze e strade da attraversare, in cui si procede a tentoni, mancando ogni punto di riferimento e senso di orientamento. Su e giù, avanti e indietro, come su quel traghetto che funge da navetta di collegamento fra Hong Kong e Kowloon, sul quale finisce per rifugiarsi questo Signor Nessuno, nella disperata ricerca di un limbo che lo salvi da una scelta non più prorogabile
Prima di concludere questa recensione a “La moustache”, vorrei soltanto aggiungere un paio di cose: nel 2004, lo stesso Carrère, in collaborazione con Jérôme Beaujour, ha curato una trasposizione cinematografica del romanzo. Presentato al Festival di Cannes, in Italia il film è stato distribuito con il titolo “L’Amore Sospetto”, con due straordinari interpreti: Vincent Lindon e Emanuelle Devos.Per atmosfere e lucidità feroce con cui procede la vicenda, più di una volta il pensiero è corso a Camus e al suo André Mersault.