Attesa prolungata di qualcuno o di qualcosa. Godot nella valle dei Mulini di Aieta
Tra il canto delle cicale, il gorgoglio di un ruscello, una brezza estiva che porta con sé l’odore del fieno. Benvenuti al Teatro dei Mulini di Aieta, un luogo strappato all’incedere del tempo, consegnato all’arte, alla riflessione e al riposo. Qui anche i cellulari perdono il segnale e qualcuno esclama: “Cosa vuoi di più”.
Va in scena “Attesa prolungata di qualcuno o di qualcosa”, opera teatrale scritta da Pasquale Lanzillotti, testo tratto da “Aspettando Godot” di Samuel Beckett. L’iniziativa ha unito l’Ente Valorizzazione Aieta, l’associazione Ginepraio e l’amministrazione comunale del borgo tirrenico.
Attesa, dolce attesa, di cosa o di chi? In un gioco di battute in cui si alternano Pasquale Lanzillotti, Elvira Scorza e Chiara Barassi; in una serie di mimiche che istigano il pubblico a reagire, a snervarsi quasi per qualcosa di cui si ha certezza che mai arriverà; questi gli elementi salienti di una rappresentazione teatrale che strappa amari sorrisi ai presenti, perché nell’assurda attesa del “signor Godot”, che rimanda sempre la sua “apparizione”, mandando un suo emissario a informare l’astante che “Oggi Godot non può, ma domani sarà qui”, si intrecciano tutti quei significati, tutti quei quesiti che ci poniamo quotidianamente sul nostro modo di pensare, di sperare escludendo però l’agire, di guardare impassivi le ingiustizie commesse, del nostro rifiuto di ragionare pur riconoscendo l’assurdità del sistema. E non è un caso che l’emissario mandato per annunciare che “Godot non verrà neanche oggi”, interpretato da Noemi Marsiglia, arrivi suonando con il suo organetto una melodia ironica, pungente, quasi volesse dire “Svegliati fesso. È tutta una presa in giro”.
Chi attende cosa? Nella valle dei Mulini, lo spettacolo si fa tutti insieme; perché nessuno è protagonista in quest’opera, ma anche il pubblico è parte attiva. “Siamo tutti in attesa, tutti illusi, tutti vorremmo andarcene e magari dire ‘stammi bene Godot’, ma lì restiamo”. E quando lo spettacolo finisce davvero e gli attori salutano il pubblico, ci si ferma ancora un altro po’ tra la natura, perché su di lei il sipario mai calerà.
Ora dimmi cos’è l’attesa! L’attesa è il non luogo dell’individuo, quel momento in cui la volontà si addormenta, lasciando al fato il compito di svelarsi. Ma questa attesa è deleteria, laddove nulla si mostra, nulla compare; in questo caso tutto diventa noioso e petulante crogiolarsi nel proprio dolore, nel proprio immobilismo riflesso che genera rabbia e frustrazione. Eppure, nessuno se la prende con se stesso, anzi quasi si giustifica, rivolgendosi contro l’altro, incolpando il prossimo. E Godot è questo: l’attesa dell’indeciso e la rabbia dell’annoiato, la rivoluzione del sognatore e la scusa di chi non vuole rischiare di cambiare. Tutti elementi che in quest’opera sono apparsi chiari e lampanti, ma, soprattutto, che hanno avuto la forza di persuadere gli spettatori.