Spazi poetici. “Affreschi strappati” di Giuseppe Settanni

Spazi poetici. “Affreschi strappati” di Giuseppe Settanni

Articolo di Martino Ciano

Affreschi strappati è una raccolta di pezzi di intonaco, dipinti su un muro crollato nel tempo e pazientemente rimessi insieme con l’illusione che si possa ricucire ogni divisione. Non c’è spazio per costruire di nuovo ciò che è stato distrutto una volta: solo il ricordo e l’immaginazione possono salvare dall’abbandono qualche particolare di ogni vissuto. E, in questo senso, gli Affreschi strappati trovano una briciola di eternità nel museo delle parole in cui tutti i figli di Prometeo hanno il diritto di entrare.

Giuseppe Settanni è avvocato e docente universitario. Ha pubblicato le raccolte poetiche Blu (Edizioni Ensemble, 2019 – Premio Mons. A. F. Pecci) e Affreschi strappati (Edizioni Ensemble, 2022). Con la poesia Fratture non scomposte è risultato vincitore al Premio Nazionale di Poesia Inedita Ossi di Seppia 2019 e con la lirica Il museo delle mancanze ha vinto il Premio Ariodante Marianni 2020; il suo testo Delirio dell’amore bestiale, invece, gli è valso il Premio Roberta Perillo al Concorso Ciò che Caino non sa 2020, mentre con la composizione Il richiamo è risultato vincitore assoluto al Premio Besio 1860. Ha ricevuto il Gran premio della giuria nel concorso I colori dell’anima (con In un logaritmo) e la sua poesia visiva Dialoghi è stata esposta alla Biennale di arte contemporanea “Luglio a Palazzo Merizzi 2021”. Suoi testi sono pubblicati su vari blog e siti letterari, quali Poesia del nostro tempo, La poesia e lo spirito, l’angolo Poesia del quotidiano La Repubblica, Inverso – Giornale di poesia, l’Angolo degli inediti di Stampa 2009, L’Altrove – Appunti di poesia.

Pubblichiamo alcune poesie tratte dall’ultima raccolta di Settanni.

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se faccio la conta
qualcuno manca sempre
e non posso prosciugarmi
per svanire tra le zolle

al vento rispondo
potevi farlo tu

no, sono il primo a non crederci
a non credermi

alcuni piedi si allontanano
come il pane fatto in casa
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senza neppure salutare

abrasioni
distopie

l’interruzione mi trascura
quasi fossi imbalsamato

se solo fossi riuscito
a scartare le scorie
e tenermi gli abbracci

a conservarne il calore
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per cui
se volessi divagare

chiariamoci:
non proprio paura
è solo che

è vero,
tra le piante
ho imparato a fuggire

ma non so spiegarlo

esiste
per qualcuno
la fermata giusta?

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