Arcana Arcanorum. “Il pensiero alchemico” nell’esperienza di un uomo
Recensione di Martino Ciano. In copertina: “Arcana Arcanorum. Il pensiero alchemico” di Albino Console, Falco Editore, 2023
Non necessariamente leggere di un percorso di vita vuol dire trarre da esso un insegnamento, anche perché un autore scrupoloso come Albino Console non ha questo obiettivo. Allo stesso modo non c’è la volontà di scivolare nell’autoesaltazione, proprio perché tra queste pagine si respira un’altra aria: quella della visionarietà.
Essere visionari significa che l’intuizione ha fatto il suo dovere e che l’elaborazione del passato, delle gioie e dei dolori si è fatta pietra. Ma attenzione, questa pietra è ancora grezza. Essa va sgrossata: le va data una forma. Un lavoro duro, soprattutto se questo blocco è della stessa sostanza di cui sono composti gli uomini, perché gli uomini, si sa, sono mutevoli e mai si liberano del tutto delle impurità.
Come fare? A ognuno la propria tecnica e il proprio metodo di lavoro. Console ha scelto una strada precisa, legata a un sapere ancestrale, collettivo in alcuni suoi elementi, ma che solo qualcuno ha avuto il coraggio di custodire.
Inutile girarci troppo intorno, Console è Maestro venerabile di una loggia massonica. La Massoneria, oggi confusa con i tanti comitati di affari a breve scadenza, in cui la Fratellanza è dettata dal censo di appartenenza, da conoscenze spendibili e dalla corruzione, è qualcosa di collettivo che ancora sopravvive ai pregiudizi. Ma non bisogna essere massoni per comprendere questo libro, bisogna vivere nella “libertà del pensiero”; ragionare secondo giustizia, ricordando che “giusto” non è sinonimo di “buono” in quanto molta bontà, meglio dire buonismo, ha generato ingiustizia e pigrizia; bisogna accogliere umilmente, sdraiandosi nel fango e rialzandosi solo quando si è pronti per incamminarsi consapevolmente.
In questo contesto, il libro di Console si apre a un profondo dialogo sul senso della vita, sulla necessità di ricerca interiore e, soprattutto, di guardarsi indietro. Come dice nella sua prefazione Mariasole Orrico, c’è un sapere ancestrale e collettivo, inconscio lo definì Jung, fatto di simboli e di segni che vivono in noi e che ognuno di noi interpreta e trasforma.
L’obiettivo è la ricerca dell’origine, ed è proprio dall’origine delle cose che possiamo apprendere la visionarietà.