“Racconti in viaggio”. Lucia Forabosco e la riscoperta dello stupore
Recensione di Marco Ponzi. In copertina una foto di Marco Ponzi al libro “Racconti in viaggio” di Lucia Forabosco
Quando si dice “ti racconto una cosa”, di solito, ci si mette in ascolto, spesso un ascolto incondizionato e senza pregiudizi. Se chi racconta la storia non è una persona di spettacolo o un docente, la mente libera dell’ascoltatore sarà forse più ricettiva perché non saprà cosa aspettarsi di preciso.
Il gusto dell’ignoto si appropria del ricevente che potrebbe rimanere sorpreso dal contenuto, o divertito se si tratterà di un racconto spiritoso, se non scandalizzato o contrariato. Si creerà una curiosità innocente derivante dal gusto di conoscere.
Leggendo i “Racconti in viaggio” di Lucia Forabosco, edizioni Scripta Volant, mi sono trovato nella condizione di una persona che ascolta dei racconti espressi a voce, come se non conoscessi l’autrice e non avessi alcuna aspettativa, con niente che mi potesse turbare. Il titolo un po’ anonimo rispecchia l’attitudine di cui parlavo poc’anzi.
Non si prelude necessariamente a segreti, misteri o grandi rivelazioni ma si sa già che bisognerà mettersi in ascolto per scoprirlo in seguito.
Questi racconti sono molto “normali”, se mai questa parola avesse ancora una dignità, nel senso che si tratta di racconti senza colpi di scena (particolarmente) folgoranti. Al contrario, sono dei racconti di vita vissuta, senza l’aggiunta di quella finzione necessaria allo scrittore consumato che si arrovella per stupire il lettore.
Si può dire che qui, invece, lo stupore si ritrovi nello stupore stesso dei personaggi che vivono la vita. Non è sempre detto che il lettore vada stupito se il contenuto di un racconto ha la sua giusta dose di attrattività e non è sempre detto che sia d’obbligo farlo con gli strumenti della finzione.
Ebbene, i racconti di Lucia Forabosco contengono degli elementi attrattivi; chi non ha mai amato ascoltare le esperienze vissute da persone che hanno viaggiato? Le piccole concessioni al fantastico sono dosate e appena percettibili, senza essere certi che lo siano perché, in questi racconti, è più la realtà che si mescola con se stessa.
Sembra quasi che questi racconti prendano le mosse dalla trasmissione orale senza essere consumati dal tempo, ma mantenendo viva l’attenzione rispetto a esperienze reali, comuni a molte persone, e condivisibili. E, venendo dalla tradizione orale, ogni volta che le storie vengono raccontate, tornano a vivere apparendo fresche, recenti.
La giovane protagonista fa dei viaggi, per piacere o per lavoro, e in ognuno di questi viaggi gode di quel che le capita, da sola o in compagnia.
Di questi racconti “normali”, però, si apprezza qualcosa che a un lettore giovane (ma non esageriamo, lo scrivente ha quarantasette anni) potrebbe risultare nuovo, a volte perché non provato di persona o desueto come pratica, come per esempio, l’esperienza in autostop e, nel caso specifico, in compagnia di un camorrista.
Ed ecco il brivido che si annida nella normalità perché, come recita un motto, “da vicino nessuno è normale”. Ho apprezzato questi racconti per la loro pacatezza, ancora più efficace se si pensa che siano relativi all’ordinarietà.
Con un tono a metà tra il riflessivo e lo stupito tipico di una giovane donna che scopre il mondo, la Forabosco ci riporta indietro nel tempo, un tempo in cui la vita era meno frenetica, si viaggiava in treno e gli accordi presi venivano rispettati perché non modificabili come accade oggi con l’aiuto della tecnologia.
Vi era lo stupore, perché le esperienze non erano preconfezionate, come potrebbe accadere oggi quando vengono preannunciate sul web e, da questi racconti, tutto ciò traspare.