Woolf secondo De Palma. Parole, tempo e visione di una scrittrice

Recensione di Martino Ciano. In copertina: “Virginia Woolf. Le parole, il tempo, la visione” di Luciana De Palma, Qed, 2024. Questo articolo è già stato pubblicato su Zona di Disagio
Conosciuta, ma poco praticata; in alcuni casi non pervenuta. Virginia Woolf è una delle scrittrici più importanti del Novecento, eppure la sua diffusione tra gli scaffali delle librerie pubbliche e private non è così frequente come si pensa. Poco viene citata, poco viene tenuta in considerazione. Perché?
Il saggio di Luciana De Palma non intende rispondere a queste domande, ma di sicuro mette in evidenza i tanti motivi per considerarla tra i grandi “intellettuali” del secolo scorso.
La sua letteratura è sperimentazione, è distruzione di ogni schema, è feroce critica a ogni forma standardizzata. De Palma non scrive un libro di critica, ma firma un atto di amore, che, per forza di cose, è un invito a leggere con maggiore attenzione questa autrice, riconoscendole un posto di rilievo.
Forse Virginia è ancora di “serie B” perché è donna? Un po’ anche questo è vero, ma De Palma è attenta a non fare scivolare il discorso su questo piano, visto che tale ipotesi sminuirebbe tanto la vita che l’opera di Woolf, a tutto vantaggio di annotazioni che con “l’emancipazione femminile” poco c’entrano.
Dal canto suo la scrittrice anglosassone riconosceva di essere “in una posizione privilegiata”. Certamente, lei aveva le idee ben chiare e le mise in pratica fin dal suo primo romanzo, ossia “La crociera”, che non aveva un lieto fine e che cancellò l’immagine della donna che viveva solo per “sposarsi e procreare, tanto cara ai romanzi d’appendice”. Infatti, le “femmine” di Virginia sono prima di tutto donne che pensano.
De Palma fa poi un salto di quasi venticinque anni, quando Woolf era impegnata nella stesura del suo capolavoro: “Le onde”. Questo romanzo è la somma del suo percorso artistico, ma anche l’epifania delle sue ossessioni. La parola, il tempo, lo sgretolamento della trama, la letteratura come metafisica dell’anima, la percezione, la libertà dell’arte; ecco, c’è tutto quello che oggi sta nello sperimentalismo, ma anche nel fanatismo di certi intellettuali che hanno trasformato ogni cosa in un cervellotico viaggio nel non senso. Virginia invece partì da un’intuizione: la parola come sfera luminosa. In prima linea vi è sempre la chiarezza. “Le onde” quindi è un intreccio tra tempo interno ed esterno, in cui a spiccare è il linguaggio come strumento che crea, delinea e addomestica la realtà.
L’ultima opera che De Palma prende in considerazione è l’incompiuto “Anon”, romanzo-saggio in cui Woolf vuole tornare all’esaltazione della tradizione orale, a quell’epoca in cui le opere circolavano in maniera anonima. Non era il nome dello scrittore a dare autorevolezza al pensiero, ma il contenuto. Parole queste che oggi suonerebbero attualissime, visto che molti libri validi navigano nell’oblio perché firmati da sconosciuti, da persone che hanno un nome poco spendibile, o peggio ancora sono pubblicati da case editrici che si comportano come tipografie.
Ecco, più di ottant’anni fa Virginia racconta delle origini di quel malessere che vediamo oggi nell’arte e nella letteratura. Si riconobbe sempre una privilegiata, ma indicò anche una strada precisa, ossia quella della coerenza con sé stessi: scrivere senza pensare a ciò che il pubblico vorrebbe. Basta questa dichiarazione per metterla fuori da ogni epoca e da ogni schema, e proprio per questi motivi va letta.
Insomma, il saggio di De Palma è davvero un libro che “invita” alla lettura dopo aver analizzato. Non è una apologia alla Woolf, non ce ne sarebbe bisogno, ma un dono che si fa al lettore e a coloro che necessitano di una “spinta di incoraggiamento”. Per esempio, io rileggerò presto “Al faro” e mi procurerò “Le onde”.
