Vittorino Curci. Poesie (2020-1997). La vita felice Edizioni
Recensione di Martino Ciano
C’è un potente spirito malinconico nelle poesie di Vittorino Curci, ma il tempo, così come i ricordi sono usati come luogo della profezia. Nell’incedere dei versi, che dipingono e immortalano momenti, c’è la volontà suprema di imprimere l’attimo che prevede, che annuncia.
Nulla decade nel silenzio, nulla accade senza un motivo dominante, nulla entra ed esce senza imprimersi nell’eternità.
Curci fa il punto della situazione. Assembla ventitré anni di componimenti, ossia, le migliori poesie dei suoi libri, ciò che non deve andar perduto. E in questo lavoro di selezione si crea quel percorso coerente di un pensiero che annusa, fin dall’inizio, lo scontro tra generazioni, la brevità della contemporaneità, la distruzione degli immutabili, la vivacità di un tempo maldestro che non partorisce, ma abortisce ogni spirito creativo.
È una denuncia quella di Curci, un grido emesso con il sorriso sulle labbra.
Volevamo che fosse così/il mondo, un luogo immaginato e vivo/come l’arte che pulsava alle tempie/ma a furia di togliere ci è rimasta/la fortuna… e promesse come brividi…/scene mute che ci consumano…/cani che abbaiano in lontananza/arruolati nel sogno
Vittorino Curci vive a Noci, in provincia di Bari, sa che il Mezzogiorno è una terra in cui il passato non è mai morto, forse si è solo nascosto in una catacomba. Lui immagina che la poesia sia ancora capace di avere una forza “etica”. Pretende che Lei sappia educare al “Bello”. Ma, parlando forse a se stesso, dice sei all’ultima stesura, solo negli oggetti hai fede/nelle scarpe spalmate di grasso/nella luce dei neon sotto il ponte/nella kodak a soffietto di tuo padre/per non morire in un lombrico/da un grumo di sillabe/da un parcheggio interrato/gattoni fino a casa… ed eccoci qui di fronte ad alcuni versi della poesia “Viaggio nel Mezzogiorno” che raccontano di un progresso che sa di reificazione e di tormento.
In questa alternanza di stili, di versi che si lasciano andare alle emozioni del tempo, Curci guarda alla poesia come luogo “felice”, in cui tutto, anche l’orrore, è spogliato di ogni apparenza. D’altronde la felicità è questa, conoscere la verità con tutto il carico di gioie e dolori che essa porta.
Sono niente al confronto/l’io ben marcato/l’eternità dei poeti/Nel cerchio della vita/la solitudine degli altri/all’ultimo sangue…