Vigilia

Vigilia

Racconto di Adalgisa Giannella. In copertina un disegno di Mia Bandinu

Annarella si alza alle quattro. È la vigilia di Natale e tiene a cena undici nipoti, quattro figli e relative mugliere, due amiche vedove e Serafino fratello del marito, celibe. Giulietta della Pescheria Varca, l’amica sua, le ha regalato quattro chili di vongole, triglie e sogliole a volontà perché alla vigilia si mangia pesce, sennò il Signore s’addolora.

Annarella le ha portato quattro pagnotte di pane alle noci, sei fiaschi di vino loro Rosso melograno, due galline e un cavolfiore. Si sono strette e… Buon Natale, felicissimo anno nuovo. Ciao cià. Sono del 1945 non avvezze a smorfiature.

Le cinque e deve preparare, ma prim’ e tutt’ u’ cafè. Nell’attesa sposta la tenda coi babbi natali e ci guarda fuori. Quattro stelle incantate e nuvoli di neve. Si fa il segno della croce perché Natale con la neve è per i fortunati e loro non lo sono mai stati. Ma finché ci sta la salute campano con gli orti, sei ulivi, quel poco di vigna lasciatole dai genitori, una mucca, dieci galline, un gallo e otto conigli.

I suoi quattro figli faticano nella fabbrica del ferro e le mogli stanno a casa a guardare i figli. Al mercato ci va con Peppino il marito. Sul banco broccoli, cavolfiori, cipolle, patate, zucche, porri, mele e pere. A richiesta uova fresche, conigli, polli, l’olio loro e pure il vino. Madre terra è stata generosa quest’anno. I prodotti sono andati a ruba e si può fare la cena della vigilia, vederli tutti assieme quelli che ama.

Indossa il grembiule buono. Glielo ha regalato Luisa prima di morire.
Pigliatell, tanto in cielo non si banchetta!”.
Povera cugina sua che faceva battute pure coi dolori della malattia infame. Si aggiusta la retina sul capo. Ha dormito male con i quindici bigodini che Susanna la nuora, le ha apparicchiato in testa la sera prima “Accussi pari na bambulella e si chiù moderna!”. Le viene da ridere.

A settant’anni con la faccia piena di rappe, quattro ricci non ti fanno più giovane ma le attenzioni e l’impegno della nuora l’hanno intenerita e così si è tenuto lo scafandro tutta la notte con l’intenzione di liberarsene appena può.
Basta pensieri, s’adda sbrigà.
Prima gli ziti, la pasta della povera gente. Sei chili di farina, quattro uova fresche, sale e acqua.
Il segreto sta tutto nell’impasto se vuole che vengano buoni cumm chill e mamma soa.

Il mal di schiena s’appresenta quando li ammira stesi sopra la tovaglia bianca di lino. Ci butta sopra una manciata di farina e rifà il segno della croce. Glielo ha insegnato nonna Vittoria.
E cos bell s’hann benedì!“.

Intanto, sopra il fornello, il pentolone di alluminio con le vongole borbotta e quelle si aprono come tanti fiorellini col profumo di mare. Ci aggiunge passata di pomodoro, una manciata di prezzemolo, peperoncino e sale e abbassa la fiamma.
Mamma mia che addore!”.

Peppino si è svegliato e se lo abbraccia forte l’uomo che al mercato si spolmona per vendere e cos loro. Fuori è ancora buio e Annarella continua a guardare la neve che scende molle come bambagia, appoggiandosi all’abete di oltre tre metri davanti all’ingresso di casa loro. Non lo può credere che di nascosto Peppino lo ha riempito di luci e pupazzielli, palline e fili dorati e quando il marito l’appiccia, rimane muta come fosse successo un miracolo.

Ci taglia subito una fetta di crostata alle mele e brindano col caffè.
“Peppì st’ann avimm avut buonasciorte, ci sta da mangiare per un esercito. Fors a vita sta cagnann… tenimm pur a neve! È na cosa bona”.
Il riflesso del primo sole, tutti quei fiocchi impazziti, li trasforma in oro e pare na favola.
Per la terza volta Annarella si fa il segno della croce.

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