Tra le Scrittrici Maledette: Alda Merini

Articolo di Letizia Falzone

“Sono nata il ventuno a primavera
ma non sapevo che nascere folle,
aprire le zolle
potesse scatenar tempesta.
Così Proserpina lieve
vede piovere sulle erbe,
sui grossi frumenti gentili
e piange sempre la sera.
Forse è la sua preghiera.”

Alda Merini nasce a Milano il 21 Marzo 1931 da una famiglia modesta. È una ragazza sensibile, solitaria e malinconica. Vive tra un padre colto, affettuoso, dolce ed attento che a cinque anni le regala un vocabolario e che le spiega le parole tenendola sulle ginocchia, e una madre severa, pragmatica, distante ed altera, che tenta invano di proibirle di leggere i libri della biblioteca paterna in quanto vede per lei un futuro esclusivamente di moglie e madre. 

Non supera la prova di italiano e non viene ammessa al Liceo Manzoni. Frequenta di conseguenza le scuole professionali.
Il suo destino però è la poesia. Esordisce infatti a 15 anni come autrice grazie a Giacinto Spagnoletti.

Oltre alla poesia, un’altra costante nella vita di Alda è il manicomio.
Nel 1947 incontra quelle che definirà come “prime ombre della sua mente”. A soli 16 anni viene internata nella clinica psichiatrica di “Villa Turro” e le viene diagnosticato un disturbo bipolare.

Nel 1953 sposa Ettore Carniti, proprietario di diverse panetterie a Milano. È un uomo diversissimo da lei e per nulla interessato alla poesia, cosa che creerà numerose incomprensioni e tensioni. Il marito, infatti, sin dall’inizio era rimasto un po’ spiazzato non sapendo né che lei fosse una scrittrice, né che cosa fosse la poesia, aspettandosi quindi un altro tipo di donna. La poesia è infatti l’amante di Alda Merini, che le fa trascurare tutte le altre incombenze quotidiane.

Sempre nel ’53 pubblica il primo volume di versi intitolato “La presenza di Orfeo”. Due anni dopo pubblica “Nozze Romane” e “Paura di Dio”.
In questo periodo nasce la sua prima figlia, Emanuela.

Nel 1958, in seguito alla nascita della seconda figlia Barbara, Alda ha una depressione post partum e otto anni dopo la situazione si aggrava ulteriormente. Viene perciò internata in una clinica psichiatrica e nulla tornerà più come prima.

Inizia un triste periodo di isolamento e di silenzio: rimane internata al “Paolo Pini” fino al 1972, periodo durante il quale non manca comunque di tornare in famiglia, e durante il quale nascono altre due figlie (Flavia e Simonetta).

“Ho avuto quattro figlie. Allevate poi da altre famiglie. Non so neppure come ho trovato il tempo per farle – scriverà Alda Merini nella sua biografia – A loro raccomando sempre di non dire che sono figlie della poetessa Alda Merini. Quella pazza. Rispondono che io sono la loro mamma e basta, che non si vergognano di me”.

Alda rimase sempre commossa da questo attaccamento così profondo che le figlie le dimostrarono sempre durante tutta la sua vita, anche se il suo amore nei loro confronti è sempre stato un mezzo passo indietro rispetto a quello che Alda stessa considerava il suo unico e grande amore: la poesia.

Grazie ad essa, però, riuscì lo stesso a trasmettere una grande quantità di amore alle sue figlie, come esse stesse riconoscono e affermano anche sul sito che hanno voluto dedicare alla madre.

Alda smette di scrivere per vent’anni. Ritorna a farlo nel 1979, raccontando l’esperienza del manicomio. Lo fa con testi intensi e drammatici che raccontano le sue sconvolgenti esperienze. I testi sono raccolti in “La Terra Santa” pubblicata nel 1984, con la quale vincerà nel 1993 il Premio Librex Montale.

Ma le pene della scrittrice continuano: il 7 luglio 1983 muore il marito; rimasta sola e ignorata dal mondo letterario, cerca inutilmente di diffondere i propri versi.  Si risposa con Michele Pierri e si trasferisce a Taranto, dove scrive “La gazza ladra” e “L’altra verità”. “Diario di una diversa”, il suo primo libro in prosa.

Le forti emozioni causate dalla perdita del marito, però, unite anche all’aggravarsi delle condizioni di salute del Pierri e dalla guerra che i figli di lui le fecero sin dall’inizio, fecero riaffiorare quei disturbi che Alda pensava di aver messo definitivamente alle spalle. In questo caso, però fu lei stessa a decidere di entrare nell’istituto psichiatrico della città di Taranto per curare quello stato depressivo che le stava nuovamente riaffiorando e per un breve periodo di tempo fu nuovamente in cura presso questo tipo di struttura.

Nel 1986 esce e fa ritorno a Milano, dove sembra finalmente conquistare l’agognata serenità e vivere nel proprio appartamento sui Navigli, dove scriveva sui muri, specialmente indirizzi. Le stanze erano quasi inabitabili, pieno di vecchi oggetti, carte e cartacce, portacenere mai svuotati, cicche per terra, bottiglie vuote, bicchieri semipieni di vino vecchio.

I vent’anni successivi furono fecondi. Alda pubblica almeno un libro di poesia o di prosa all’anno. La donna ritrova la sua serenità. Nel corso di questi anni le diverse pubblicazioni porteranno alla ribalta l’autrice, facendola di nuovo entrare a pieno titolo nella scena letteraria italiana

Alla fine degli anni Novanta, Alda Merini produsse centinaia di “minitesti”, aforismi di vario tipo che miravano alla brevità per trasmettere un suo pensiero e una sensazione. I migliori furono raccolti nel 199 da Rizzoli nel libro Aforismi e magie, con illustrazioni di Alberto Casiraghi, poeta, disegnatore e amico di Merini. In quegli anni, comunque, Merini collaborò con diversi altri piccoli editori per la pubblicazione di altri minitesti. Negli anni seguenti furono pubblicate altre raccolte, come la selezione di Einaudi su scritti del 1996 – 1999, cofanetti con libri e videocassette sulle letture fatte da Merini e nei primi anni dopo il 2000 una serie di libri dedicati alla fase mistica della scrittrice.

Tutte le esperienze segnano la sua vita e la sua arte, tanto che uno dei suoi libri in prosa, pregna di annotazioni, diari e racconti autobiografici a ruota libera, viene chiamato “La pazza della porta accanto” (1995).

Nel 2004 Alda Merini fu nuovamente ricoverata per alcuni problemi di salute, mentre era in condizioni economiche piuttosto precarie. Ricevette una grande quantità di messaggi di solidarietà da scrittori, poeti e da semplici appassionati, con appelli per aiutarla economicamente.

Il primo novembre 2009, Alda Merini si spense a causa di un tumore osseo che le era stato diagnosticato qualche anno indietro e che l’aveva portata nella condizione prima di non poter più tenere una penna in mano, poi di non avere più quella serenità mentale a causa dei dolori lancinanti che accompagnarono i suoi ultimi mesi.

Superò comunque brillantemente tutta la fase iniziale, avendo avuto esperienze ben più traumatiche, e sintetizzò a suo modo non solo il periodo della malattia fisica, ma anche la sua esistenza in generale con una frase rimasta famosa in cui diceva di aver goduto la vita in quanto le piaceva l’inferno della vita anche se la vita stessa non è altro, il più delle volte, che un vero e proprio inferno.

Vicino all’ingresso della sua casa sui Navigli dal 2010 c’è una targa che la ricorda: “Ad Alda Merini, nell’intimità dei misteri del mondo”.

Una donna, la sua poetica. Attraverso le sue straordinarie poesie, Alda Merini è la scrittrice che ha maggiormente caratterizzato il 900, non solo in Italia. La sua esperienza di vita, l’alternarsi di lucidità e follia, l’internamento in manicomio, sono costantemente presenti nella sua poetica.

Lo stile di Alda Merini, poetessa di squisita sensibilità, è caratterizzato allo stesso tempo da una spiccata lucidità visionaria e da una certa inquietudine di sottofondo, espresse tuttavia attraverso toni semplici, lineari, limpidi. Una sorta di «fantastica irruenza» creativa.

Ebbe collaborazioni artistiche e godette di grande popolarità. Alcuni dei suoi testi sono diventati canzoni, alcuni dei suoi libri furono illustrati e completati da disegni, le copertine incise arricchiscono le sue opere, molte delle sue poesie furono recitate da attori famosi con lei sul palco e registri cinematografici realizzarono documentari sulla sua vita. Ha ceduto al fascino della tv, apparendo anche al Maurizio Costanzo Show. Intensa fu anche la produzione e pubblicazione di aforismi che hanno conquistato tanti lettori.

Ogni grande personaggio ha una sua storia personale da raccontare e molte volte questa ha inciso molto nell’ambito della sua popolarità, soprattutto nell’ambito della letteratura e della poesia.

Ci sono poi persone che hanno una sorta di doloroso privilegio, quello di sentire la vita in modo molto più intenso degli altri, che però a volte è molto più simile ad una condanna in quanto una mente così sensibile può correre il rischio di rimanere schiacciata da cotanta sensibilità. Alda Merini, la pazza poetessa, ne è uno dei più fulgidi esempi, una delle donne dell’Italia culturale che ha caratterizzato quasi tutto il secolo scorso e che è stata molto amata non solo per tutta la sua notevole produzione letteraria ma anche per le sue vicissitudini personali e per come è riuscita a superarle.

Per Alda Merini la Poesia è tutto: è difesa, un solido scudo dietro cui proteggere quell’animo ribelle ma estremamente sensibile, ma al contempo è anche la sua formidabile arma con cui poter esprimere ciò che non si può o non si vuole esprimere, con la quale riesce quindi a difendere la propria dignità, custodendo gelosamente la propria umanità, senza dover per forza dimenticare la propria sensibilità.

La poesia è stata la migliore medicina per la sua anima, l’ancora che fa restare salda la barca dell’esistenza quando si trova in mezzo al mare in piena tempesta, la fonte di equilibrio nel pieno e consapevole disequilibrio, mezzo per la propria e altrui redenzione e la susseguente possibile salvezza.

Alda è nata con la primavera, ricavandone la forza dirompente di un’eterna nascita ed è morta il primo novembre, nel giorno in cui si festeggiano tutti i Santi.

E in qualche modo la poesia le ha dato una sua santificazione, perché i devoti della Merini sono tantissimi. È difficile allora il bilancio perché ricostruire la vicenda autentica di un santo o di una santa, scrostandola dalla patina di aneddoti, leggende, falsità e finti-miracoli che ha compiuto.

Alda ha sempre chiesto alla scrittura di essere una sua terapia interiore, una poesia che sgorga inesauribile, così come era inesauribile il suo parlare, fumare, parlare, scrivere, telefonare, mangiare, bere, fumare.

“La vivevo come una madre difficile, odiavo la sua scelta di dedicarsi alla poesia, perché più della follia era la poesia a portarmela via, a farle trascurare la famiglia. L’ho capita solo dopo, quando ormai stava per morire”, ha detto di lei Barbara. Le figlie, che hanno fatto pace con una figura materna tanto difficile da vivere, oggi curano il sito http://www.aldamerini.it.

Per tutto questo, e per molto altro, Alda Merini la piccola ape furibonda come amava definirsi, è un personaggio che può definirsi assolutamente unico nella letteratura ma più in generale, nella cultura italiana e, forse purtroppo, difficilmente ripetibile.

Post correlati