Scacciasogni. Il romanzo di Marcostefano Gallo come rappresentazione del “mondo” calabrese

Scacciasogni. Il romanzo di Marcostefano Gallo come rappresentazione del “mondo” calabrese

L’articolo è la prefazione di Martino Ciano al libro “Scacciasogni” di Marcostefano Gallo, edito da Le Pecore Nere. In copertina, lo scrittore Marcostefano Gallo al termine della presentazione tenutasi a Cosenza il 17 maggio 2024

La parola ci permette di comporre, ma anche di disegnare i concetti che costellano il nostro pensiero. Ogni persona, nel momento in cui parla o scrive, comunica la sua visione della realtà e il suo rapporto con gli elementi che la costituiscono. Non esiste un’arte scissa dalla quotidianità; anche se ciascuno di noi vive nel proprio mondo, la rappresentazione di ogni particolare è frutto dell’interpretazione dell’universale. Ciò vuol dire che siamo tutti idealisti? In un certo qual modo .

Proprio l’arte è espressione di questo passaggio, soprattutto quando racconta la tragedia. Ma si badi bene, tragedia non è sinonimo di “disgrazia”, ma è solo la storia personale dell’individuo che, per forza di cose, si scontra con la vita degli altri. In questo contesto si ritrova tutta l’umanità, cosicché ogni singolo episodio non è mai una novità ma solo la combinazione di diversi elementi. Gli atti che costituiscono l’epopea umana formano una serie ininterrotta di déjà-vu; grazie alla fantasia, però, non si cade nella noia e non ci si accorge della ripetizione; si attua infatti una costante sublimazione degli eventi capace di donare sempre qualcosa di nuovo a chi ascolta o legge un “capitolo” dell’avventura umana.

Nel caso del romanzo di Marcostefano Gallo, autore cosentino che si cimenta anche con la musica, la costituzione degli eventi è legata alla regione Calabria, particolare che sa raccontare una universalità fatta di allettanti tribalismi, di spaesamenti personali in cui si muove la retorica della redenzione. L’estremo punto di contatto tra i tre personaggi principali che animano questo testo va rintracciato nella possibilità di una permanente trasfigurazione che fissa nella realtà, nel visibile e nel palpabile, il vero volto di ognuno. Questo processo può essere affrontato solo in un modo: una discesa nei personali inferi, o per dirla in termini freudiani, senza anacronismi di sorta, negli Es di ciascuno di loro.

Sebbene sia impossibile ordinare il caos, la logica di Ascanio, Claudio e Scacciasogni, al di là dei loro ruoli, sarà quella di mettere in ordine i propri rimpianti e le proprie solitudini. Se in un primo momento appaiono come disgrazie, la controparte del gioco è un sadico piacere per la sofferenza, con cui sanno convivere, almeno intimamente. Consapevolmente o inconsciamente, tutti e tre sentono la necessità di nuotare nella loro melma, quasi restandone affascinati.

Di qui, quella volontà di potenza che appartiene a tutti e che spinge l’individuo a considerarsi artefice del proprio destino, unico detentore delle redini del mondo. Prendiamo il caso di Scacciasogni, che si vede il felice padrone del piccolo comune cosentino di Mongrassano, città in cui l’autore risiede. Questo cinico individuo, non è solo il figlio di una mentalità disagiata, per quanto arcaica, ma è anche una violenta trasposizione dell’angoscia di morte che aleggia su tutti gli esseri umani. La paura di scomparire, l’immagine della fine terrena come trapasso verso il nulla, sono parte del motore immobile che crea eventi che si ripiegano su loro stessi, che si incastrano alla perfezione in situazioni che si possono addirittura prevedere.

Certo, non mancano i segreti, i colpi di scena, le pennellate di stile tipiche di Gallo, che in ogni suo libro non ha avuto paura di cimentarsi con novità tematiche, ma la materia viva, e che tale rimarrà per sempre, intorno alla quale lo scrittore ruota, è la solida concezione che l’uomo corre per tutta la vita incontro alla salvezza e nel momento in cui l’acciuffa ne è quasi scontento.

Cosa aggiunge quindi il libro di Gallo? Una personale visione che non è solo frutto della fantasia, ma è anche sublimazione, elevazione, di eventi personali e forse rimossi. Un calabrese parla della Calabria anche se le sue storie sono ambientate altrove. Non è solo il destino di Marcostefano, ma di ogni scrittore o narratore che ha accettato di misurarsi con un contesto, di abbracciare le proprie “nevrosi” e di redimerle al cospetto di qualcosa che è “separato” dal mondo, pur camminando tra le sue vie; quel qualcosa è l’arte, la quale si nutre di sogni-reali, di inconsci-collettivi, di rimozioni-universali.

Questo romanzo, quindi, si risolve nella sua necessità di esistere, di esserci, come testimonianza di uno scrittore capace di estrapolare dalla realtà un fiore puro nel mezzo di un prato irrimediabilmente contaminato.

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