La casa dietro la Posta Vecchia

La casa dietro la Posta Vecchia

Articolo e foto di Giuseppe Gervasi

La chiave schiuse il cuore, le valigie poggiate per terra riportarono in vita le fotografie del passato. Ebbero l’impressione di percepire ancora il fumo della sigaretta di nonno Peppe e la porta del piccolo bagno era aperta: forse qualcuno pochi istanti prima si era rinfrescato. Le voci urlavano nella mente di Anna e solo il sorriso della fanciullezza attirava altri sorrisi. La notte, le finestre aperte e il conforto di una leggera brezza, che accarezzava il corpo nudo di Cosimo. Marisol dormiva e il riflesso della luna rendeva il suo viso ancora più bello. Il sole del mattino avvolgeva l’atmosfera intima e raccolta. Cosimo dalla grande finestra ammirava le cascate sopra i tetti: un gatto saltava, il cielo azzurro e il mare in lontananza confondevano lo sguardo.

“Non voglio far aspettare mio padre, andiamo”.

A piedi s’imboccava una via strettissima, discesa ripida e mani al muro, una vecchia porta e poi l’antico mulino. Ecco il luogo dove tutto taceva: la mano apriva il cancello, pesante, di ferro battuto con una croce piegata a sinistra dal vento degli anni. Dove la terra aveva accolto tutti, soffocando respiri di mondi lontani: una tomba senza fiori. Cosimo, in ginocchio, chiese perdono a suo padre. Uno alla volta diedero un bacio alla foto ingiallita dal tempo e dalla solitudine. Il piccolo Giuseppe finalmente conobbe il nonno.

In silenzio anche lui: un leggero sorriso e gli occhi lucidi brillavano e fissavano quell’uomo. Lo sguardo altalenante sulla foto e sul padre, lo stupore per la somiglianza e la scoperta che un giorno le sue foto si sarebbero confuse con quelle di suo padre. All’improvviso si alzò il vento e iniziò a piovere come se il cielo si fosse emozionato per un incontro inaspettato. Il peregrinare sotto la leggera pioggia di giugno fece scoprire visi celesti, mentre l’acqua puliva antichi e nuovi sepolcri. Nonna Anna guardava quello spazio di terra: stretto, vicino al marito e sapeva che un giorno lo avrebbe riempito. Sognava l’autunno, le foglie stanche e gialle su una pietra bianca e mano nella mano a passeggiare senza tempo, come il primo giorno di primavera passata.

“Andiamo, torniamo a casa e oggi vorrei gustare il pranzo che amava mio padre: uova fresche e olive nere nel sugo, vero mamma?”.

Una lacrima e un cenno di sì con la testa:
Anna abbassò il capo e diede un bacio al piccolo Pepè.
L’Argentina era solo un ricordo lontano…

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