Era quello il limite invalicabile del mondo?

Era quello il limite invalicabile del mondo?

Racconto di Martino Ciano

Si propagava l’eco del silenzio. Mentre ticchettava l’orologio allacciato al tuo polso, cadevi in un tremore di ossa che ti procurava torpore. Sbadigliavi per riscaldare il cuore. Ancora batteva il labbro inferiore contro quello superiore. Il movimento impercettibile sarebbe finito, ma tu lo percepivi ancora e ogni colpo era come un macigno che si staccava da una montagna. Era il corpo nello spazio il tuo problema; non lo avvertivi come reale, non ti sembrava che stesse attraversando il mondo, ma che fosse piantato nel suolo e che le cose si muovessero per conto loro.

Né camminavi né correvi, né restavi dove volevi stare; tu eri qualcosa tra le dimensioni.

Hai accarezzato il mare con la mano sinistra e ti è sembrato che la tua mano non toccasse l’acqua. Eppure era bagnata, le gocce scendevano lungo il palmo, i rivoli precipitavano lungo il dorso, ma non percepivi una presenza sulla tua pelle. Il sole ti illuminava il viso, ma tu potevi guardare tra i suoi raggi, potevi osservarlo dritto in faccia; le tue pupille si contraevano, ma tu non avevi bisogno di stringere gli occhi, tanto meno lacrimavano.

Hai capito di essere nell’ultimo scorcio del mondo, tra la vita e la morte, quando hai avuto paura di esistere, perché qualcosa ti sussurrava che intorno fosse solo un’illusione. Perciò ti sei gettato nel fuoco, come quel gimnosofista che Pirrone incontrò mentre seguiva Alessandro Magno e la sua fame di conquista. Dopo una profonda meditazione, conscio che ogni cosa fosse solo parte di una immenso miraggio, lo videro alzarsi e camminare con passo felpato fino a un rogo. Si lasciò bruciare senza gridare, senza parlare.

Quando ti sei seduto tra le fiamme che ardevano sulla spiaggia, al calar del sole, intorno a te c’erano sterpaglie, sabbia, pietrisco, gabbiani dalle ali di rugiada. 

Non hai avvertito calore, dolore, lacerazione. Il fuoco non ti ha consumato; si è spento, come se tu fossi acqua. Un cane si è accucciato al tuo fianco. Lo hai accarezzato, ma si è fatto cenere, come la tua mano. Lui ed essa si sono sbriciolate; poi, dal tuo polso è germogliata un’altra mano. Hai visto prendere forma alla carne; hai visto strato dopo strato la nascita della pelle. Hai sorriso al cielo; era buio, senza stelle, spesso come un tappeto da salotto. Pian piano, un geometra invisibile ha tirato una linea bianca lungo l’orizzonte.

Era quello il limite invalicabile del mondo, di te stesso. 
Poi ti sei accasciato e sei piombato in una delle tante realtà

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