La sveglia svegliò chi già era sveglio

La sveglia svegliò chi già era sveglio

Racconto e foto di Giuseppe Gervasi

Le macchine sfrecciavano, le sirene delle ambulanze infilzavano i miei timpani, gli aerei atterravano e decollavano. L’aeroporto internazionale di Fiumicino Leonardo da Vinci distava poco più di mezz’ora di macchina dalla Tuscolana.

Sentivo parlare a bassa voce, qualcuno tornava a casa dal lavoro notturno. Poche parole: il rumore dell’acqua sotto la doccia e poi niente più. Mi trovavo in un appartamento romano e non riuscivo a prendere sonno. Vivere di notte una città come Roma è magico: uno spazio per solitari, artisti, ricchi e poveri seduti in tavoli diversi. Cercatori di vita, lavoratori o semplicemente persone, che non sanno più dormire e vanno alla ricerca di un sogno più che di un sonno rigenerante.

La notte: per alcuni passa in fretta e per altri non passa mai. Pensavo alle luci che regalavano ombre alle meraviglie della Capitale e ricordavo un viaggio in pullman di molti anni prima, che mi regalò l’immagine notturna dei monumenti romani.

Ritornai il mattino dopo per capire se ciò che avevo visto di notte esisteva: rividi Piazza di Spagna e la scalinata di Trinità dei Monti dialogare con la gente e gustarsi un raggio di sole tra le nuvole. Ancora oggi, ripensando a quel momento, stento a credere alla realtà di ciò che avevo potuto ammirare. Ho sempre pensato a un sogno e compreso come i ricordi belli, a distanza di molto tempo, indossano una maschera, vivendo in bilico tra la notte e il giorno.

Rumori nuovi per chi abitava in un piccolo paese dell’entroterra calabrese, dove la pace della notte poteva infrangersi solo in qualche occasione: un tuono improvviso, un cane che abbaiava di continuo, dei gatti che si azzuffavano, i pellegrini giunti a piedi dalle montagne che cercavano di riposare in una tenda da campeggio e che puntualmente cadeva.

Il tonfo dei ferri ci faceva sobbalzare in una notte di fine settembre, ma il riposo perduto si tollerava pensando al sacrificio di quelle persone, che scendevano a piedi dalle montagne delle Serre per chiedere una grazia a Cosma e Damiano, medici anargiri diventati santi.

La sveglia fece il suo dovere e “svegliò” chi già era sveglio…

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