Jung e l’ombra insonne

“Jung e l’ombra insonne” è un articolo di Martino Ciano. La foto è dell’autore
Nessuno sopravvive alla realtà, caduti i filtri usati per attraversarla ciò che resta è un violento sconcerto. Ogni simbolo maschera, è l’apollineo che non permette al dionisiaco di fuoriuscire. Il caos è verità, l’ordine è illusione. Poi, dentro, nell’inconscio, si lascia assorbire dall’ombra ogni sensazione, ogni contraddizione; lì restano, lì si accoppiano, lì procreano, lì germoglia ciò che siamo realmente. Produzione, ripetizione, serialità…
Quanto è terribile conoscere sé stessi; contro la propria ombra nessuno sopravvive. Se Lei riesce a propagarsi anche all’esterno, la percezione del mondo si sottomette al suo volere. Ciò che vediamo, ciò con cui veniamo a contatto, ciò con cui dialoghiamo ci rendono quello che siamo.
Solipsismo folle, beato il concetto della relatività che ci scagiona dalla volontà di morte e di annientamento. Neanche la luce dirada l’ombra, semplicemente la nasconde, non la pone in evidenza. Come una serpe si attorciglia questa volontà di prevaricare su ciò che mi circonda. Il muto immutabile che va per conto suo percorre un pezzo di strada insieme a me.
Jung: e l’ombra si sveglia
“Finalmente è finita” faceva sospirare Céline in Morte a Credito, a quel personaggio – forse era lui – stufo di avere volontà e ragione. Non esiste Primavera o Inverno negli occhi di chi ombroso non è più tentato dal desiderio di scalare qualcosa. Placido è il mare dell’indifferente, tiepido il fuoco del sofferente, ché soffrire non è solo declamazione di sventure, ma anche quiete che assorbe e assopisce ogni tentazione.
Un giorno, un uomo che sapeva lavorare l’argilla fece un vaso. Gli riuscì perfettamente, non doveva aggiungere nulla, non avrebbe dovuto aggiustare nulla. Per mesi lo tenne lì, al suo fianco, sul ripiano dove poggiava gli attrezzi del lavoro. Lo lasciò lì per ricordare a sé stesso che le cose migliori sono frutto di una violenta ispirazione e di una lampante concentrazione mentale. Avvenne che il vaso finì sul pavimento e si ruppe. “Prima o poi sarebbe dovuto accadere”, disse sorridendo; ne fece un altro, ma non fu più come quel vaso che la mente gli ispirò distrattamente.
Così avviene nel tempo per tutte le cose, persino del dolore di un momento si ride per anni. Qualcosa ci muove, ci smuove, ci blocca, ci tramortisce, ci seppellisce. Poi si rinasce…