Introduzione alla mia morte: Franceschelli nel “rumore” sociale

Introduzione alla mia morte: Franceschelli nel “rumore” sociale

Recensione di Martino Ciano. In copertina: “Introduzione alla mia morte” di Fabio Massimo Franceschelli, Del Vecchio Editore, 2025

Quella che viene rappresentata in “Introduzione alla mia morte” è una società in balia dell’isteria, guidata dalla pulsione di morte. Franceschelli raccoglie tra queste pagine una accurata analisi sociale, dando slancio alla materia narrativa e riconoscendole, finalmente, quel ruolo ermeneutico che nulla ha a che vedere con le tendenze edonistiche a cui ultimamente è stata degradata.

La trama del libro ruota intorno a tre personaggi. Carlo Castello, reporter di guerra che decide di chiudere con il proprio lavoro e di riposare in una abitazione appartata in alta collina; il figlio maggiore Sandro che vive in uno stato di depressione perenne, ancora scioccato per aver dimenticato in piena estate il figlio piccolo in auto; il figlio minore Stefano, che fonda il suo movimento progressista “Futura”, con l’obiettivo di cambiare il volto dell’Italia. A questi si unisce Sonia, moglie di Carlo sposata in seconde nozze, più giovane di lui e per nulla attratta da una vita ad alta quota e isolata.

In un clima familiare tutt’altro che sereno, tra spunti ironici e colpi di scena che aprono verso scenari inaspettati, ci imbatteremo in una sequenza di rapporti disfunzionali che si agitano come canne al vento, frutto di traumi passati e aspettative non realizzate. Chi in un modo chi in un altro, ciascuno dei personaggi ha fatto esperienza della morte, dell’annientamento, degli accidenti che il destino serve a chiunque.

Non importa il ceto, l’autorevolezza conquistata, il proprio grado di studio: la vita si prende gioco di tutti, anche di coloro che pensano di avere i mezzi per dirigerla a proprio piacimento. Non deve correre troppo con la fantasia Franceschelli, “Introduzione alla mia morte” è un romanzo che si nutre di fatti verosimili, di storia contemporanea, di quotidianità.

Lo scrittore camuffa tutto in un’allegoria pungente, ben strutturata, che narra di personaggi così tanto spavaldi da apparire perfetti “esseri per la morte”. Anche l’isolamento ricercato da Carlo e la depressione di Sandro sono risposte coerenti ai principi contemporanei che esaltano il pragmatismo, l’eroismo, il vitalismo, l’individualismo e l’invocazione di una potenza che genera solo atti distruttivi.

Tutti sono però accomunati dalla paura di morire, paranoia che sembra offuscata dalle loro azioni, ma che invece guida ogni decisione. Il “rumore bianco di sottofondo”, per dirla alla DeLillo, è prodotto da quei continui input esterni che spingono i personaggi ad aggrapparsi a imprese, giustificazioni, progetti che non possono essere realizzati. La loro fede è verso una meta irraggiungibile, che la rende quindi vera e assoluta. Un po’ come diceva Tertulliano, che sul mistero della resurrezione di Cristo affermava: “essa è vera perché impossibile”.

Ed è anche il fatto che i personaggi di questo romanzo abbiano visto tante sfaccettature del mondo, restando però spettatori e senza capirne il senso, che la morte si è introdotta nelle loro vite. Questo ribaltamento di prospettiva, indagato da Franceschelli con uno stile scenografico, isterico e ironico, fa del suo romanzo una prova di narrativa sociale di cui da molto tempo, in Italia, si sono perse le tracce.

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