Fabio Mascaro: un calabrese che cesella il suono

“Fabio Mascaro: un calabrese che cesella il suono” è l’intervista di Gianfranco Cefalì al liutaio di Lamezia Terme. Le foto sono state fornite dall’autore
1) Ciao Fabio, grazie per aver accettato il nostro invito. Tu hai un percorso davvero particolare, potremmo dire che hai una bella storia da raccontare. Possiamo dire che non sei liutaio per caso, ma prima di esserlo, prima di farlo, Fabio lavorava da tutt’altra parte e in ambito molto differente. Perciò ti chiedo: chi è Fabio? Chi è stato? E chi sarà?
Innanzitutto grazie a te per il tuo invito. Dici bene, fino a meno di un anno fa, io lavoravo come responsabile marketing per una primaria realtà aziendale del nostro territorio. Fabio è stato per 15 anni un manager che ha dedicato la sua vita a cercare l’affermazione professionale per raggiungere, a volte, quella personale. Finché nel 2020, una serie di fatti dolorosi e la fine di una relazione importante, hanno ridotto in cumuli quanto avevo costruito fino a quel momento.
Da allora, ho cercato nuovi stimoli per ricominciare e li ho trovati nella musica, la costante della mia esistenza. Un anno fa ho deciso di cambiare vita, lasciare il mio precedente lavoro e fare ciò che oggi mi dà serenità e soddisfazione: prendermi cura delle chitarre elettriche.
Chi sarà Fabio domani non so dirlo con esattezza però posso dirti che la mia mission per il medio termine è quella di diventare il punto di riferimento in Calabria per la regolazione, riparazione e costruzione di chitarre elettriche.
2) Come è fare il liutaio nel 2025 Quando la società ci spinge sempre più verso lavori precari e inconsistenti, un mercato del lavoro che sembra abbia smarrito qualsiasi valore, in cui ci indirizzano a considerare come lecita la precarietà e il continuo cambio, tu hai scelto l’arte.
Forse è stata l’arte a scegliere me. Ai tempi del liceo iniziai ad approcciarmi alla musica e alla pittura: ho avuto la fortuna di essere cresciuto con il mio migliore amico che suonava la chitarra in parrocchia e mi ha in qualche modo influenzato, trasmettendomi la passione per lo strumento. Poi, con la scusa di un corso di pittura, passai alcuni anni a dilettarmi con la pittura ad olio. Nel tempo mi sono cimentato in tanti hobby artistici: oltre alla musica e alla pittura, ho avuto la mia fase con l’arte presepiale, con i bonsai, con la scrittura. In tutto ciò la musica è sempre stata lì con me e il mondo delle sei corde in particolare. Dalle chitarre ai falò, alle strimpellate alle Pasquette, la chitarra mi ha accompagnato in molti momenti di vita, scandendo sia i momenti felici che quelli tristi. Per cui penso che la chitarra sia in un certo senso una parte importante di Fabio Mascaro, e non solo in ambito lavorativo.
3) La scuola di liuteria in Italia ha una storia importante, basti pensare a Cremona, ad Antonio Stradivari e i suoi violini, ormai così famosi che anche chi non ha mai visto un violino sa cosa è uno Stradivari; anche la scuola calabrese ha una certa rilevanza, pensiamo a Bisignano, per esempio, e a tutta la provincia di Cosenza. La storia è importante, così come le tradizioni, ma quanto conta l’innovazione in questo momento storico per l’artigiano e per l’arte stessa?
Dici bene, l’Italia ha un patrimonio importante da questo punto di vista. Il mio maestro stesso, Galeazzo Frudua, proviene dalla Scuola di Liuteria Stradivari di Cremona. In Calabria sono tanti i maestri che eccellono nella costruzione e riparazione di strumenti antichi a cassa armonica, dalle chitarre battenti alla lira calabrese. Sono artisti ancor prima che artigiani. Loro si tramandano un’arte che affonda le radici nei secoli. Personalmente non mi ascrivo a questo filone: oggettivamente io non ho un background da liuteria classica, dal momento che ho studiato liuteria moderna. La mia “specialità” è la chitarra elettrica, uno strumento “moderno” se vogliamo definire tale un oggetto che esiste oramai da circa 100 anni.
In questo ambito, l’innovazione è senza dubbio una componente importante: dai nuovi materiali, alle potenzialità che oggi l’elettronica può riservarci, alle tecniche di modellazione 3D più recenti. Penso che una liuteria 2.0 non sia da esorcizzare o da mettere al rogo, infatti mettere la tecnologia al servizio di un mestiere antico può riservare delle belle sorprese. A tal proposito, ho recentemente collaborato con un docente di fotogrammetria e modellazione 3D per un progetto di liuteria in cui abbiamo unito i nostri due mondi nella scansione di una Fender Nocaster Custom Shop.
4) Qual è la difficoltà maggiore nella progettazione e realizzazione di uno strumento?
La parte più difficile è la comprensione di quello che desidera il musicista che ti commissiona la realizzazione della sua chitarra elettrica. Il “travaso di desiderata” deve avvenire senza perdite di informazioni per essere sicuro che il prodotto finale sia davvero ciò che sogna il musicista. E questo ti assicuro non è affatto una cosa semplice: la chitarra non è solo un oggetto ma è un mezzo per ottenere un suono, un’immagine e identificarsi spesso in valori ed epoche.
Io devo essere bravo a capire queste cose nel racconto che mi fa il cliente e solo dopo trasformare tutto ciò in un oggetto fatto di legno, hardware ed elettronica. Se mi accorgo che il musicista non ha ancora le idee ben chiare su cosa cerca, io non potrò averle a mia volta e lo invito a prendersi ancora un po’ di tempo prima di affidarmi la costruzione della sua chitarra custom.
Dopo la comprensione, passo alla progettazione, scegliendo materiali, specifiche tecnico-costruttive che condivido con il musicista per decidere insieme la configurazione finale dello strumento.
La realizzazione è la fase finale e, per certi versi, la più semplice.
5) I tuoi strumenti sono realizzati con molta cura e professionalità, ma nella lunga diatriba tra legni, pickup e meccaniche, come fai a bilanciare il giusto mix tra le varie componenti? Qualche chitarrista è un maniaco dei legni, qualcun altro pensa che sia tutta una questione di pickup.
Su questo potremmo disquisire anni e non pervenire mai ad una verità condivisa. Vorrei ricordare che una chitarra elettrica non è solo suono ma è almeno altre tre dimensioni: estetica, ergonomia, affidabilità e durabilità. Se pensiamo la chitarra sotto queste quattro dimensioni, allora ci rendiamo conto che ogni elemento (legni, hardware, elettronica, ecc) contano eccome!
Detto ciò, io ritengo innegabile che, limitatamente al fattore suono, la questione pickup faccia la parte del leone e conti nettamente di più che il tipo di legno usato per il body. Ma un buon legno, stagionato e con un certo tipo di taglio, fa la differenza per uno strumento affidabile nel tempo e comodo da suonare.
Così come un top in acero quilted può fare la differenza estetica tra uno strumento bello ed uno effetto WOW. Insomma, l’alchimia dei componenti e delle scelte progettuali vanno bilanciate per uno strumento finale esteticamente impareggiabile, che suoni bene, che sia comodo e affidabile nel tempo.
6) Il mercato degli strumenti musicali è completamente cambiato, solo vent’anni fa per scegliere una chitarra bisognava andare nei negozi e sperare che ci fosse un modello in particolare o il modello giusto, altrimenti si ordinava e si aspettavano anche mesi prima di riceverlo. Oggi non è più così e il mercato on line è sempre più prospero e strumenti anche molto economici offrono un ottimo rapporto qualità-prezzo, ma nonostante la facilità nel reperire gli strumenti il mercato delle chitarre costruite dai liutai e fatte a mano sembra sempre in ascesa. Secondo te, perché? È solo una questione di qualità, di strumenti fatti su misura o c’entra anche la moda?
Io ricordo che quando acquistai la mia prima Fender Stratocaster, come dici bene tu, la ordinai in negozio e contavo i giorni in attesa di ricevere la chiamata del negoziante che mi dicesse “la chitarra è arrivata, vieni a prenderla”.
Oggi ci sono chitarre elettriche per tutte le tasche, anche con 50€ si trovano chitarre entry level.
Questa cosa, in sé e per sé, è positiva perché consente di avvicinare praticamente chiunque allo studio di uno strumento musicale, se non fosse per il fatto che a volte sono costruite senza il pieno rispetto della forza lavoro.
In ogni modo, anche strumenti entry level oggi suonano bene, il punto è un altro: quanto durano? Come tengono l’accordatura? Vedo spesso in queste chitarre un hardware piuttosto scarso ed elettroniche che fanno cilecca dopo poco tempo. Ci sono ponti tremolo che si scordano solo a guardarli.
Ma è normale, alla fine si ottiene quanto si paga, basti pensare che i tuners che uso io per le mie produzioni di chitarre, costano da soli quanto due chitarre entry level… qualche differenza dovrà pur esserci.
La chitarra di liuteria non morirà mai: è un prodotto per il musicista consapevole, che sa le relazioni tra suono e scelte costruttive, capace di prendere il meglio dalla massima personalizzazione che un liutaio può offrire. Non penso che sia una faccenda di moda, piuttosto è la volontà di avere uno strumento definitivo cucito su misura per te che non puoi trovare sul mercato industriale canonico.
Se vuoi il suono di una Fender Stratocaster, comprati la Fender Stratocaster! Ma se il suono che cerchi sta nella tua testa, allora il liutaio è la persona giusta in grado tirarlo fuori e trasformarlo in una chitarra.
7) Mi ricollego alla domanda di prima a proposito della moda di possedere una chitarra di liuteria o comunque in qualche modo artigianale, e mi riferisco ai modelli “relic”, non vado pazzo per questo tipo di strumenti, soprattutto quando l’effetto invecchiamento è davvero troppo, per esempio il Murphy Lab di Gibson è diventato ormai famoso non solo per le Custom Shop ma soprattutto per i suoi trattamenti di invecchiamento. Che ne pensi?
Tu però così mi provochi eh eh!
Io francamente detesto il relic artificiale, pagare per qualcuno che mi ammacchi la chitarra non mi piace. Io cerco di non lasciare neanche un graffio in controluce quando metto le mani su una chitarra, figuriamoci l’idea di prenderla deliberatamente a botte per “reliccarla”.
Scherzi a parte, no, non amo il relic e non condivido il premium price esorbitante che alcuni produttori chiedono per la reliccatura. Io accetto solo il naturale invecchiamento dello strumento, quando la chitarra è vissuta mostrerà da sola i suoi bellissimi segni del tempo.
8) Io sono sempre stato un fan della Gibson Les Paul Custom, che è ancora il mio sogno di chitarrista, colore rigorosamente nera. Però quando ho potuto suonare una Stratocaster, sono rimasto colpito, non riuscendo a definirla in alcun modo, l’unica via è stata quella di definirla gioiosa, divertente; poi mi sono scoperto anche fan delle Telecaster, e posseggo una Ibanez che si comporta un po’ come le Prs. Da che parte stai? Consapevole che esistono tantissime marche e tante buone chitarre e che ne avrai provate tante.
Io sono sempre stato un fenderiano convinto, la mia prima chitarra seria fu una Strato american standard del 2005 che ho ancora oggi. Ho amato le sonorità Fender di Strato e Tele e ho “snobbato” a lungo il mondo Gibson. Da quando faccio questo mestiere, ho la fortuna di provare molti strumenti e ho dovuto rivedere le mie posizioni.
Quando suoni una Les Paul e vieni dal mondo Fender, hai bisogno di qualche giorno per abituarti ad un mondo diametralmente opposto ma poi ti piace. Io oggi non perdo occasione di provare una bella Les Paul, la rotondità del suono e la comodità della sua scala corta sono tanta roba, soprattutto se vieni da una Strato e sei abituato al suono acuto e tagliente dei suoi single coil.
La Les Paul ti affascina per il suo suono avvolgente e morbido anche al ponte, dove invece una Strato può risultare fin troppo acida. Quindi io oggi sto dalla parte di Gibson e di Fender, mi dispiace ma non mi schiero più dalla parte di uno solo.
9) Naturalmente quando costruisci una chitarra per un cliente tendi a seguire quelli che sono i desideri dell’acquirente, ma sai consigliare anche quando le richieste sembrano, non dico assurde, ma sbagliate o comunque ci sarebbero da fare scelte migliori. Riesci sempre a trovare il giusto equilibrio?
Mi piace dire la mia, cercare di guidare il musicista nella scelta consapevole di materiali e specifiche costruttive. Lo stesso dicasi anche nei setup che faccio sulle loro elettriche. Ma la parola finale spetta sempre a lui e se ritiene adeguato un certo componente o un certo assetto, anche se io sono di diverso avviso, mi adeguo alla sua valutazione. Per fortuna nella stragrande maggioranza dei casi, le persone mi danno spesso fiducia e accettano i miei consigli. Ma ripeto, il feeling con lo strumento è sempre un qualcosa di personale e l’importante è che risulti comodo e gradevole per il suo proprietario. Questa è la mia missione.
10) La scelta dei componenti è anche eseguita in base al tipo di strumento che devi costruire e al genere a cui lo strumento è indirizzato, esistono tanti tipi di pickup, legni e così via, che si sposano più o meno bene con i vari generi musicali, in parte potrei anche essere d’accordo, ma credo che un buon strumento debba essere capace di far suonare tutto bene, magari non perfetto, sapendo che per un suono più caldo ci vorranno degli humbucker per esempio e per altri tipi di sonorità ci sono single coil, filtertron, un P90, e via dicendo. Come ti rapporti con i pickup? Quali sono i tuoi preferiti? E cosa ne pensi della varie sonorità?
Io penso che una chitarra sia il mix di tante cose ma anche un bellissimo compromesso al tempo stesso. Non può esistere la chitarra col più bel suono caldo e corposo di questo mondo e che al tempo stesso sia il massimo di definizione e brillantezza. Ogni scelta tecnica implica una rinuncia ad un qualcosa, il trade-off perfetto in assoluto non esiste e mai esisterà. Esiste il tuo punto di equilibrio perfetto ed è quello che io devo perseguire per ogni musicista.
Non ho un pickup preferito, per certe sonorità mi trovo bene con gli humbucker e per altre i single coil. Ci sono marche che apprezzo più di altre, questo si: ad esempio Lollar e Lindy Fralin per i loro set di single coil per sonorità di casa Fender, oppure gli italianissimi MAMA con alcuni loro modelli di humbucker PAF. Anche i Flametone, per restare in casa nostra, mi piacciono molto.
11) Mi piace ribadire che uno strumento fatto a mano, se è di qualità eccelsa, è qualcosa di costoso, non di caro, esiste una differenza netta tra i due concetti. Ne converrai con me, anche perché si utilizzano materie di altissima qualità, le persone riescono a capire questo concetto?
Non potrei essere più d’accordo. Chi vuole una chitarra di liuteria, è consapevole che si viaggia su cifre che orbitano intorno ai 4 mila euro. È un prezzo importante, soprattutto perché non è un prodotto che mantiene il suo valore in caso di rivendibilità ma certamente non si può definire caro. Basti pensare che, a titolo di esempio, ci sono top figurati che, solo loro, possono costare 500 euro.
L’acero quilter, il palissandro indiano, l’ebano sono legni pregiati e, come se non bastasse, devono essere stagionati e selezionati per trovare impiego in liuteria. E questo stesso ragionamento di ricerca e selezione vale su ogni componente, sia esso hardware, elettronico ecc. Mettici alcuni mesi di lavoro e vedrai che un prodotto di liuteria è sicuramente più costoso ma molto meno caro di tantissime chitarre industriali.
12) Oltre alle chitarre hai iniziato a costruire anche pedali per chitarra, è stata una naturale evoluzione o hai cominciato per curiosità o gioco?
Decisamente la seconda, quella dei pedalini analogici è una mia passione che tratto ancora come tale. Non è il mio core business ma una divertente evasione dal mondo canonico della liuteria.
13) Quali sono le difficoltà nella costruzione di un pedale per chitarra? Visto che gli effetti possono essere infiniti e anche i componenti interni di qualità e marche diverse fanno suonare un effetto in maniera completamente diversa.
Non sono la persona più adatta per rispondere a questa domanda siccome non ne faccio al momento un vero business. Da amatore, senza dubbio il grosso del lavoro sta nella progettazione della pcb.
14) Cosa cerchi in un suono?
Amo i suoni fluidi e cremosi mentre rifuggo i sound super bright o sbilanciati sulle alte. In generale mi sono votato a suoni morbidi, che siano puliti o distorti, ben a fuoco sulle medie. Di certo non mi piacciono suoni zanzarosi, per capirci, alla DS1 Boss.
15) Anche in questo caso il mercato da risposte interessanti, i pedali che vengono chiamati “boutique” sono sempre più ricercati e alcuni di quelli vintage arrivano a costare anche migliaia di euro. I pedali artigianali hanno un costo medio elevato, partiamo dai 250, 300 euro a salire, tu hai cercato una via diversa, mantenendo la qualità dei componenti altissima. Alle volte ho la sensazione che anche qui la moda occupi un posto che non possiamo trascurare, un Ibanez Ts808 Tube Screamer Chip JRC4558 1980 non può costare 1200 euro, almeno per come la penso io, tu invece, che rapporti hai con i pedali? E anche con gli amplificatori, che fino a questo momento non sono stati menzionati ma hanno una importanza che non dobbiamo mai sottovalutare.
È vero, c’è un certo feticismo in questo mondo che arriva a voler giustificare prezzi assurdi su pedali analogici. Personalmente penso che se devo spendere 1000 euro per un tube screamer vintage, mi compro direttamente la testata che quell’overdrive vuol riprodurre. Va bene il premium price per un prodotto boutique ma mi pare che ultimamente si stia esagerando con le quotazioni di certi pedali.
16) Siamo nel bel mezzo di un’altra diatriba molto sentita dai musicisti, la battaglia tra analogico e digitale, c’è chi è per l’uno o per l’altra, oppure c’è chi utilizza sistemi ibridi. La tecnologia ha fatto passi da gigante e sempre più spesso si vedono chitarristi salire sul palco con una pedaliera multieffetto collegata direttamente al mixer. Cosa ne pensi del digitale? Pensi che sia il presente e possa definitivamente essere il futuro?
Questo è un altro di quegli argomenti spinosi e senza una verità condivisa. Io sono un po’ un boomer e sono rimasto fedele all’analogico dopo qualche parentesi digitale. È indubbio che il digitale oramai sia di un livello altissimo, soprattutto sulle simulazioni dei distorti, e la comodità che offre è impareggiabile. Se sei un turnista non vorresti farne a meno. Ma io oggi ho chiaro il suono che piace a me, so che è quello lì e non ho bisogno di tanti altri sound. Di conseguenza ho il mio ampli e il mio distorsore che mi restituiscono il lead sound che desidero e non avverto il bisogno del digitale. Se suonassi live e in più band certamente ricorrerei a prodotti digitali che mi offrono quella flessibilità necessaria in contesti diversi e live.
17) Parliamo un po’ di musica. Con che generi sei cresciuto e cosa ascolti adesso?
Sono nato e cresciuto con una band di riferimento, i Litfiba. Ho consumato la loro discografia, per anni li ho ascoltati ininterrottamente, insieme poi a Negrita e RHCP. Dopo le fasi rap e indie rock post adolescenziali fatte di Articolo 31, Sottotono, Caparezza, Afterhours, Verdena, mi sono appassionato ai grandi classici di casa nostra, soprattutto con Battisti, Mina, Dalla e i Pooh. Oggi ascolto sempre di tutto (tranne la trap) e il mio genere di riferimento è il rock e l’hair metal anni 80, ma credimi, spazio tantissimo. Non sorprenderti se in una mia playlist trovi Gigi D’Agostino e a seguire un pezzo speed metal giapponese dei Galneryus.
18) Un buon liutaio deve anche essere un musicista, magari non il più grande chitarrista del mondo, ma deve conoscere e saper suonare uno strumento se lo deve costruire, anche solo banalmente per provarlo. Tu suoni, cosa suona il Fabio musicista?
Io suono la chitarra ed ho il rimpianto di averlo sempre fatto da autodidatta. Nel 2020, in quello che per me è stato l’anno delle montagne russe sentimentali con picchi massimi (nel bene e nel male), ho cercato aiuto nella musica ed ho imbracciato la chitarra acustica per scrivere. Ho iniziato allora a suonare anche il basso e la tastiera, sempre da autodidatta. Siccome sono discretamente intonato, ho provato a vestire i panni di one-man-band ed ho composto numerosi pezzi miei dove mi sono divertito a suonare tutti gli strumenti. Con il nickname di Ronin88048 ho pubblicato qualcosa sulle varie piattaforme di streaming digitale.
19) “Odio” i virtuosi e lo shredding, dopo un paio di minuti in cui resto a bocca aperta, la loro musica mi annoia, risulta alla mia mente sempre fredda, i social sono pieni di fenomeni che poi nei loro lavori da solisti non riescono a trasmettere molto della loro passione e bravura. Io penso che l’assolo di David Gilmour in Comfortably Numb sia magnifico e lui non è certo considerato un virtuoso, anche in questo caso ti chiedo: da che parte stai? O c’è una via di mezzo?
Personalmente a me i virtuosi piacciono, così come mi piacciono i vari Gilmour, Clapton, Page e compagnia bella. Sono andato a vedermi dal vivo Steve Vai, Matteo Mancuso, Lukather e sono rimasto tutto il tempo a bocca aperta. Essere un virtuoso della chitarra non vuol dire essere inespressivo, saper padroneggiare la tecnica è un merito e non certo un limite.
Quando il virtuosismo si unisce al gusto armonico e melodico, hai di fronte un dio della chitarra. Vorrei che si facesse distinzione tra il virtuoso fine a se stesso che manca di espressività e chi ha una solida tecnica capace di usare all’occorrenza e dosare nel modo giusto. Essere un fenomeno nella tecnica è, in sé e per sé, una grandissima risorsa. È chiaro che se ci si limita a questo, il virtuosismo non è di per sé sufficiente per definire un grande chitarrista.
20) Chiudiamo questa intervista con un paio di consigli. Il primo: a chi volesse intraprendere la tua strada e diventare un liutaio, cosa diresti? E il secondo: invece per chi vuole comprare il suo primo strumento musicale, quale chitarra consiglieresti a una persona che decide di imparare a suonare?
A chi vuole intraprendere la mia strada, consiglio di essere curioso, di guardare e leggere le tecniche di liutai internazionali. Provate strumenti, guardate video sul web, documentatevi sui forum di liuteria e poi trovate un corso con un buon maestro che possa formarvi all’esercizio della professione. A chi deve comprare la prima chitarra per iniziare a suonare, consiglio di trovare un usato senza grandi pretese, che sia una Epiphone o una Fender Mex, va benone e di farsi fare un setup iniziale dal proprio liutaio di fiducia. Meglio uno strumento di fascia media ben settato che una chitarra pro mal regolata. Eviterei le chitarre entry level da 80 euro, sono poco affidabili, si scordano facilmente e si rischia che ti facciano passare la voglia di suonare prima del tempo con i grattacapi che tirano fuori!
21) Avevo scritto :”chiudiamo questa intervista”… lo so, ma ho un’altra curiosità, anzi anche in questo caso un paio: classica scena, isola deserta, puoi portare un solo strumento, quale porti? E puoi portare solo tre dischi, quali scegli?
Mi porterei la mia prima chitarra acustica Yamaha F310 da neanche 100€, piena di botte e ammaccature. C’è un bel pezzo della mia vita e delle mie emozioni lì dentro. Come dischi non ho dubbi: Desaparecido (Litfiba), Radio Zombie (Negrita), Californication (RHCP).