L’estate dei segreti perduti

L’estate dei segreti perduti

Recensione di Letizia Falzone. In copertina la locandina di “L’estate dei segreti perduti”

“L’estate dei segreti perduti” è una serie tra romance e mystery basata sul romanzo di Emily Lockhart. Il mistero domina l’intreccio, ma sotto la superficie si agitano temi importanti: le dinamiche familiari tossiche, il razzismo silenzioso, la pressione del conformismo.

Da sempre passate le estati a Beechwood, isola privata della dinastia Sinclair in cui trascorrere insieme i mesi più caldi dell’anno, per Cadence tutto è cambiato dopo un terribile incidente che l’ha vista svestita e incosciente sulla scogliera in riva al mare. La ragazza non ricorda nulla: né cosa è successo, né perché si trovava lì. E nessuno vuole dirle cosa è accaduto.

Né la madre, una vera Sinclair tutta d’un pezzo, impenetrabile e dalla postura sempre ritta. Né tanto meno i “Bugiardi”, ovvero i cugini con cui Cadence ha condiviso ogni singola estate della sua vita, insieme anche a Gat, l’outsider del gruppo, giovane che nei Sinclair non è entrato per ordine di sangue, rimasto per questo sempre escluso dai favori e i modi di fare del patriarca Harris. Anche questa è, infatti, una ragione per cui i suoi sentimenti per Cady sono rimasti celati anno dopo anno, fino alla sedicesima estate a Beechwood Island, in cui tutto è pronto a trasformarsi, più di quanto i giovani possono anche solo immaginare.

“L’estate dei segreti perduti” è un viaggio molto intenso nella psiche della protagonista e, di riflesso, in quella degli spettatori, che si riconoscono nelle emozioni, nelle delusioni, nelle frustrazioni di Cadence.

La serie è affascinante, suggestiva, merito anche delle bellissime location situate tra Chester, Dartmouth e la Nuova Scozia canadese e fa largo uso dei flashback per ricostruire quanto avvenuto e riempire l’amnesia di Cady. E a tal proposito vale la pena usare una frase abusata ma in questo caso calzante: nulla è come sembra.

C’è un sottotesto intrigante e più profondo che fa da tappeto allo show in otto puntate, una vera e propria lotta di classe che parte intestina dalla famiglia a cui si fa riferimento e che riflette sul concetto o meno di appartenenza. Cresciuti nel lusso e costretti tutti a mantenere una facciata, ai Sinclair non è concesso di piegarsi al mondo esterno o di mostrarsi mai imperfetti, scoraggiati, deboli. Sono caratterizzati dai capelli biondi, dall’essere una famiglia numerosa e dall’attenzione quasi ossessiva per le apparenze: tra di loro infatti è proibito, o quantomeno sconsigliato parlare di divorzio o malattia mentale.

Ciò che analizza il racconto è il lusso e il privilegio dell’Upper Class americana, partendo proprio dal punto di vista degli outsider come Gat ed Ed. Una classe sociale che si rifugia nelle magioni private, quasi come se ciò potesse esonerarli da qualsiasi responsabilità. Cadence, Mirren, Johnny e Gat crescono insieme, estate dopo estate, senza curarsi delle differenze culturali e sociali tra loro, uniti come non mai sotto il nome di Liars, i bugiardi, come le loro mamme – ovvero le eredi della fortuna Sinclair, tutte donne – li hanno sempre chiamati in virtù dei loro scherzi goliardici.

Il tema dell’amnesia di Cady è centrale: rappresenta non solo il trauma rimosso, ma anche l’intero meccanismo della famiglia Sinclair, dove tutto viene nascosto sotto il tappeto, dove il decoro vale più della verità. La serie con grande coraggio ci dice che crescere significa ricordare, anche quando questo fa male.

“L’estate dei segreti perduti” è più di un semplice teen drama estivo. Nonostante parta con i toni leggeri dell’estate, si rivela presto un racconto malinconico e inquieto, che scava nelle ferite della memoria e delle relazioni familiari. Non sarà una serie rivoluzionaria, ma riesce a distinguersi nel panorama del genere grazie a una narrazione solida, un mistero ben costruito e un cast convincente.

Il finale è un vero pugno nello stomaco, merito di una narrazione capace di ingannare e dunque sorprendere. È una riflessione dolorosa e luminosa su cosa siamo disposti a sacrificare pur di mantenere un’illusione, su quanto sia difficile diventare adulti in un mondo che ha insegnato a mentire.

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