“Diario di una stalker mancata”. Francesca Innocenzi e le debolezze dell’amore rifiutato

Recensione di Filomena Gagliardi. In copertina: “Diario di una stalker mancata”. di Francesca Innocenzi, Progetto Cultura, 2022
Torna di nuovo alla scrittura Francesca Innocenzi, autrice versatile in quanto ha dato prova delle proprie competenze sia nella poesia, sia nella narrazione, sia nella saggistica. Stavolta, Innocenzi si dedica ad un genere tanto intimo quanto antico, come quello del diario epistolare.
L’autrice precisa che il suo non è un testo autobiografico: successivamente la voce narrante, femminile, si abbandona ad una scrittura in prima persona, che si rivolge ad un destinatario particolare, ovvero proprio colui che era stato l’oggetto del suo “stalkeraggio messaggistico” . Si tratta di un collega di cui la protagonista si è innamorata: lui purtroppo è sposato. E tuttavia, nonostante ciò, la donna scrive subito, tra le prime righe: “La prima volta che ci siamo incontrati, tre anni fa, nel corridoio della nostra scuola, ho pensato che eri bellissimo, l’uomo più bello che avessi mai visto”.
Con queste parole il ricordo torna alla fase dell’idealizzazione di questo “collega bello, bravo, gentile, vagamente misterioso”. La capitolazione della vittima, però, è avvenuta durante una riunione: “Non sapevo nemmeno che, oltre ad insegnare arte, facessi lo scenografo e il pittore. Non conoscevo nulla della tua vita personale. Poi ad una riunione, un pomeriggio ー era febbraio ー ti sei avvicinato e mi hai chiesto sommessamente se potevi sederti accanto a me […] A fine riunione […] mi hai salutato chiamandomi per nome. Un saluto nuovo, eppure familiare, per me che ho sempre avuto difficoltà a chiamare le persone per nome, per me che ho sempre avuto difficoltà a chiamare le persone per nome, per me che ho sempre avvertito l’estremo bisogno di sentirmi chiamare per nome”.
Le piccole forme di gentilezza possono essere una calamita per chi non è abituato a ricevere attenzioni: unite al fascino di chi ce le somministra, possono essere micidiali. Tali sono per la nostra protagonista che ricorda nel suo diario i momenti di questo amore impossibile, che ha avuto un’esistenza solo nella sua mente, nelle sue proiezioni, nonostante la cortesia reale di questa persona.
La donna non riesce a non provare risentimento verso di lui, nonostante lo ami: Odi et amo, ce lo ha insegnato anche Catullo. La voce narrante incarna le debolezze di ogni donna che soffre perché si innamora di un uomo sbagliato, in quanto non disponibile. Purtroppo può capitare a chiunque, e questo fa vivere l’inferno a chi ama: “Ho compreso una regola basilare: non innamorarsi di una persona impegnata. Banale ma vero, e se tutti se ne convincessero dall’inizio, tante sofferenze verrebbero risparmiate”.
Questa è però una delle tante consapevolezze a cui la protagonista approda quasi alla fine della sua scrittura, insieme a tante altre che acquisisce in itinere: la scrittura si rivela terapeutica in quanto le permette di prendere consapevolezza di sé attraverso lo scavo interiore nel passato. All’inizio sembrava invece un rimedio poco efficace o almeno solo in parte: “Sto portando avanti questo strano diario così, giorno dopo giorno, con gli stessi effetti di una cura palliativa: il male resta, il dolore non svanisce, però, almeno riesco a non cercarti. Così quantomeno mi limito a stalkerare un foglio vergine, e me stessa”.
Più avanti, invece, la cura della scrittura diventa più efficace e propositiva. Vengono rievocate le precedenti storie d’amore, tutte difettose, tutte tali da riflettere il dolore della donna, il suo disagio derivante da lontano: “Qualcuno deve avermi insegnato che soffrire aiuta a farsi amare. È così che quella bambina ostinata allontana chi ama”.
La scrittura è attraversata da vari toni: non mancano l’ironia e il sarcasmo verso il destinatario, che vogliono mascherare un distacco emotivo non sempre reale e soprattutto lento ad avverarsi:” Sento che in me sta finendo qualcosa, che forse non ti amo più”.
Del resto lo stalkeraggio della protagonista era qualcosa irrisorio con il senno del poi: “Una stalker innamorata e respinta non si limita ad una ventina di messaggi sconsolati in due giorni. Uno stalker di talento insulta, minaccia, sta’ attento stronzo che ti spacco la faccia a te e a quella puttana di tua moglie. Una stalker di successo ti perseguita giorno e notte […]. Io non sono così talentuosa vedi? Innamorata e delusa, una ventina di messaggi in due o tre giorni. Come stalker, avrei da fare un po’ di strada”
Ironia, sarcasmo, simpatia si respirano tra queste pagine: lo stalkeraggio, se c’è, è solo una risposta al rifiuto. Non tutti sono capaci di elaborarlo sanamente; non tutti hanno ricevuto in famiglia una sana educazione sentimentale; molti genitori, forse, non sono in grado di calibrare in modo equilibrato l’affetto.
Senza voler concludere in chiave deterministica, mi sento però di dire che l’ambiente ricevuto in casa non è un fattore secondario nell’evoluzione sentimentale delle persone. Dovrebbero saperlo i genitori; lo si dovrebbe insegnare a scuola, altrimenti chi è sensibile è perduto. Determinismo del resto non c’è in quanto l’io narrante conclude il suo libello elencando tutte le cose che ha imparato, quasi alla Renzo dei Promessi Sposi.
Ringraziamo Francesca per questo Diario, che mi ha commosso. Talora mi sono ritrovata nelle mie fragilità e mi sono solo parzialmente perdonata per gli errori che anche io ho commesso in passato.