Confessione. Martín Kohan e il precipizio della memoria
Recensione di Martino Ciano. In copertina: “Confessione” di Martín Kohan, Morlacchi, 2024
Era adolescente Mirta Lopez quando si innamorò del figlio maggiore dei Videla. Non avrebbe mai potuto immaginare che quel ragazzo austero sarebbe diventato un futuro dittatore dell’Argentina, nonché uno dei più sanguinari della storia. Così come non avrebbe mai potuto immaginare che lei, da anziana, incalzata dal nipote durante una partita a carte, avrebbe confessato qualcosa di sconveniente, non solo per la sua reputazione, ma per la storia dell’intera nazione.
È questo il romanzo che ci viene presentato da Martín Kohan, uno degli scrittori più importanti del panorama argentino, alle prese con una pagina oscura della storia del Sud America, ancora poco conosciuta fuori confine, sebbene non manchi mai di suscitare dibattiti. Videla non è solo un personaggio argentino, ma appartiene al mondo intero viste le coperture di cui ha goduto e gli intrecci che hanno avvantaggiato il suo regime.
Nel romanzo non si parla solo di lui, che quasi sembra una figura marginale, una sorta di demone che evoca ancora paura; tra queste pagine prevale la storia popolare, quella fatta di uomini e di donne che ordiscono attentati in nome della libertà, ma anche di coloro che collaborano volontariamente e involontariamente affinché nulla cambi. Ne viene fuori un quadro in cui a vincere, ancora una volta, è una delle tante sfaccettature della “banalità del male”.
Attraverso un romanzo diviso in tre parti, in cui gli eventi storici tengono insieme quei fatti che sembrano in un primo momento ininfluenti, mentre sono proprio questi a rendere solidi il potere e la sua tracotanza, Kohan racconta con pacatezza tragedie collettive e personali. Ecco poi la figura di Mirta, mostrataci durante l’adolescenza e la vecchiaia, alle prese con l’incapacità di discernere “il bene dal male”. Ciò capita proprio a lei, che da fanciulla passava ore e ore a confessarsi in presenza di un prete che conosceva anche la sua vita intima, segnata dall’amore platonico, mai dichiarato, per il giovane Videla.
La passione per il futuro dittatore si manifestava in vampate che solo le sue mani potevano fermare…
Eppure, questa lotta tra bene e male, tra carne e spirito, coinvolge entrambi. Infatti il giovane Videla, devoto e imperturbabile, e la piccola Mirta, timorata e remissiva, sono proprio coloro che meno di tutti riescono a separare ciò che è giusto da ciò che è sbagliato. Grazie a questa contraddizione, sempre messa in evidenza, il romanzo di Kohan è un manifesto per tutti gli argentini e per tutti quelli che hanno conosciuto la tirannia.
Una menzione a parte va fatta per il lavoro di traduzione svolto da Giovanni Barone, che al termine del testo, in una nota appassionata, parla del suo lavoro di interpretazione, perché “tradurre non è la fredda codificazione di una lingua in un’altra”, ma anche un lavoro di costruzione del senso che non riscrivere, ma concede all’opera una veste universale.
Ciò che giunge tra le nostre mani è un romanzo che non narra solo dell’Argentina, ma di ogni regime passato e ancora esistente, ponendo in primo piano uno degli aspetti più difficili da superare per un popolo sottomesso: l’elaborazione della fine di una dittatura e la resurrezione nella libertà.