Come cibo in scadenza
Articolo di Albino Console
Non ancora il tramonto d’un giorno troppo breve, d’un giorno la cui piovosa alba fu preludio certamente di tempesta ben più violenta quando, d’improvviso, andando alla ricerca di quella pietra occultata molte vite fa, costretto ad immergermi in quella fogna chiamata Ego, fu lì che metalli lucenti e cotillon persero il loro valore nominale.
Solve et coagula, una volta liberate dal loro vincolo quantico, ogni molecola del mio essere carne tornerà all’Uno primordiale, incorporeo e senza peso, ma capace di tutto come ovunque, la liberazione dal tormento è degno inizio dopo indegna fine.
Guardo attraverso un velo inter-dimensionale ciò che da sempre m’è parsa realtà, intuendo quanto ingenuo e figlio di quegli occhi di carne io fossi, comprendendo che l’universo interiore è sempre stato ben più ampio e sincero di ciò che toccavo con le mie finte mani.
Per avere molto devi dare molto, ed il tributo del Sangue non dovrebbe mai esser necessario, basterebbe arrendersi ad un destino scritto, un enorme quadro guardato da troppo vicino, il nostro ruolo nel teatro universale è gestito da uno sceneggiatore giusto, che esula dal bene come dal male, non c’è etica a spiegare la sua spinta morale se non la persecuzione della perfetta giustizia.
Va da sé, l’uomo, la bestia delle bestie, l’attore brutale di ogni era, con il suo lurido curriculum ha ben poche chance di soddisfare le aspettative del regista cosmico, e compreso che, ahimè non faccio io né differenza né distinzione, mi avvio mestamente a lasciare il palco senza applausi, senza fiori lanciati ad ottimi attori, ma tra i fischi dei pianeti e la vergogna di chi, pur sapendo, non ha agito.
Risalgo dalla terra interiore per rientrare nella mia fetida prigione di carne a tempo determinato, e ripenso alle parole di mio Fratello che, paragonandosi ad uno yogurt dalle modeste proprietà organolettiche, aspetta la fine tra la tristezza della scadenza e l’orrore dell’essere ingurgitato da un altro lurido uomo.
Ecco, sono padrone dei miei occhi, uso un buon device per scrivere questo abominio, ho un Tv particolarmente grande appeso ad un muro ben verniciato, in casa mia, mi accingo a riposare e penso già a dove far colazione domani, pronosticando sul clima, per scegliere se uscire in auto o magari, in moto.
C’è tempo per fare bene, per oggi ho fatto schifo, domani probabilmente, farò peggio in attesa di comprendere la sceneggiatura che il destino mi ha riservato, o semplicemente, in attesa della scadenza.