Canto di Natale. Un classico senza tempo
Articolo di Letizia Falzone
Cari lettori quale migliore lettura per augurarvi un felice e sereno Natale se non con la più celebre storia natalizia di Charles Dickens “Canto di Natale”?
Una storia, lontana nel tempo, ma probabilmente sempre attuale poiché l’essenza dell’umanità, in fin dei conti, poco è cambiata. Ricco di vivace fantasia e di triste realtà, questo lungo racconto, ambientato sullo sfondo di una Londra in rapida espansione dove s’intrecciano miseria e fasti dell’età vittoriana, venne completato dall’autore nel giro di poche settimane al fine di guadagnare velocemente qualcosa, considerata all’epoca la sua non certo rosea situazione finanziaria.
A Natale, si sa, siamo tutti più buoni. Natale è il tempo dei miracoli, delle magie, delle favole raccontate davanti al camino nelle gelide sere d’inverno, dei pacchetti colorati sotto l’albero che ci portano in dono ciò che più desideriamo. E cosa si potrebbe desiderare nel giorno di Natale, in cui la venuta di un salvatore promette speranza per tutti, se non un mondo migliore abitato da persone migliori? Per il giorno di Natale è proprio questo il regalo che Dickens ci consegna: la redenzione miracolosa del vecchio, burbero, avaro, affarista, gelido Scrooge, che mal sopporta il clima gioioso delle festività natalizie e che proprio nella notte di Natale, accompagnato da tre spiriti in un viaggio rocambolesco tra il passato, il presente e il futuro, scopre il valore e il significato di ciò che tanto aveva disprezzato. Scrooge è il male del mondo che, come ci viene raccontato nelle favole fin da bambini, nella notte dei doni, delle speranze e dei desideri si converte al bene e dimostra concretamente che la possibilità di cambiare e migliorare noi stessi e il mondo che ci circonda esiste davvero.
Quello che si trova a compiere Scrooge, è un viaggio tra la povertà, l’analfabetismo e lo sfruttamento minorile, temi da sempre cari a Dickens. Una commovente panoramica della società dell’epoca, colpita dalla Poor Law (Legge contro la povertà), che doveva favorire i meno abbienti e invece li aveva colpiti ancora più duramente. Una critica, quella di Dickens, molto velata, nascosta sotto le mentite spoglie di un racconto fantastico, che ci porta diritti nel cuore dello spirito natalizio.
Tra la suggestiva atmosfera delle festività vittoriane, risvolti da ghost story e un’ironia che percorre leggera la narrazione. Cittadine ricoperte di neve e botteghe traboccanti di specialità natalizie, famiglie che si riuniscono a festeggiare davanti ai caminetti e poveri affamati bisognosi di aiuto non soltanto nel giorno di Natale. Dickens racconta un’incantevole favola natalizia che tuttavia resta saldamente ancorata alla realtà terrena più amara, quella della povertà, della sofferenza, della miseria. Forse gli atti caritatevoli di un vecchio scorbutico che, dopo essere stato benevolmente soccorso, si trasforma egli stesso in una sorta di benevolo soccorritore, non saranno sufficienti a scacciare il dolore e la miseria umana dal mondo, ma contribuiranno a rendere un regalo più bello.
Charles Dickens scrisse il “Canto di Natale” col desiderio di coinvolgere sia i grandi che i bambini, attraverso descrizioni commoventi, al fine di risvegliare sentimenti puri come l’amore e la tolleranza, il rispetto per gli altri e la capacità di apprezzare le piccole cose, non solo a Natale. L’amore verso la propria famiglia, verso coloro che ci circondano, riconoscendo anche nei piccoli gesti, quali un sorriso, la forma più preziosa dell’amore incondizionato. Un libro ricco di emozioni, di magia, di riflessioni. Come in ogni racconto di Dickens, si ritorna bambini leggendo quelle descrizioni così dettagliate che inevitabilmente ci riportano a quella serenità quotidiana che solo le piccole cose riescono a donare: il sorriso dei genitori, un abbraccio confortante, l’odore della minestra calda, il calore dei gesti autentici che non potrà mai essere acquistato col denaro.
Ognuno di noi ha incontrato quei fantasmi, non solo la notte di Natale, ma tutte le volte in cui l’egoismo, l’orgoglio, la paura e il menefreghismo hanno preso il sopravvento: fantasmi che portano catene dalle quali non riusciamo a liberarci. Proprio come Scrooge, dovremmo imparare a guardarli, seguirli, ascoltarli e vedere in cosa abbiamo realmente fallito, emotivamente e umanamente. E realizzare che la vera ricchezza da custodire è saper donare.
Una favola per tutte le età, e per tutte le stagioni. Perché, in fin dei conti, non dobbiamo essere buoni solo a Natale. Adatta a giovani e meno giovani, una piccola storia di grande speranza che resiste al tempo e, nonostante tutto, alle brutture del mondo, insegnandoci che – Natale o non Natale – senza sentimenti non siamo niente e che non è mai troppo tardi per cambiare la rotta della nostra esistenza.