Brancaccio: le viscere di Palermo. Intervista allo scrittore Francesco Faraci

Brancaccio: le viscere di Palermo. Intervista allo scrittore Francesco Faraci

Articolo e intervista di Miriana Kuntz. Le foto presenti nell’articolo sono state fornite dall’ufficio stampa

Scrittore e fotografo, Francesco Faraci, racconta nel suo libro “Brancaccio, le viscere di Palermo” la realtà cruda di un quartiere afflitto dalla criminalità organizzata. Un quartiere martoriato dalla mafia, questo il tema principale del nuovo libro di Francesco Faraci. Brancaccio è un quartiere a nord di Palermo dove la violenza e la criminalità la fanno da padrone. Uno spaccato sociale piuttosto forte quello raccontato dall’autore, una realtà dove la povertà e il degrado si mescolano insieme con una voglia di riscatto abbagliante. Il libro è edito da Zolfo editore.

Scopriamo insieme nel dettaglio la trama del libro

Brancaccio è un quartiere a nord di Palermo. Il feudo dei fratelli Graviano, le strade di Don Pino Puglisi. La ferocia della mafia e la grazia del martirio. Un luogo di frontiera, i cui abitanti spesso sono costretti a crescere prima del resto del mondo, a indurirsi di fronte alla vita. Un labirinto di cortili e vicoli che sommati misurano la distanza di appena un chilometro, specchio di una città spesso incomprensibile, com’è Palermo. Il libro racconta la storia di S., un uomo nato e cresciuto nelle viscere del quartiere. Per anni la sua vita è un continuo viavai dal carcere. Poi arriva Don Pino Puglisi. E con lui, la possibilità di un altrove, un’alternativa alla criminalità organizzata. Il 15 settembre del 1993, sotto casa, il parroco di Brancaccio viene barbaramente ucciso dalla mafia. Insieme a lui crollano i sogni delle ragazze e dei ragazzi del quartiere. La rabbia e lo sdegno si acuiscono, come, tuttavia, l’impossibilità di alzare la voce. Per questo S. ricade vertiginosamente nella vita di prima, fatta di dubbia moralità e straniamento. Solo dopo aver toccato il fondo, S. darà inizio al suo personalissimo percorso di redenzione. “Brancaccio” è una storia di violenza e d’amore. Di buio e di luce. Una storia di sogni infranti, di cadute ma anche di insperata voglia di riscatto. Prefazione di Nello Trocchia.

L’intervista a Francesco Faraci

Quando e come è nata l’idea per il romanzo “Brancaccio”?

L’idea del romanzo è nata in maniera naturale dopo aver intessuto relazioni forti con gli abitanti del quartiere. In generale, quando qualcosa inizia a scavare dentro, scrivere è una reazione spontanea. Ognuna delle persone di cui ho scritto si è raccontata spontaneamente, ha voluto regalarmi un frammento della propria storia. Questo romanzo è stato un grande regalo.

Nel suo libro, Brancaccio appare come un luogo dove diventare cattivi è quasi un obbligo. Quali sono invece i lati positivi di questo quartiere di Palermo?

Brancaccio, al netto delle storture, è un quartiere infinitamente umano. Vero. È quel luogo in cui ritrovo una realtà che altrove, ormai, è difficile trovare. Lì, le persone, le ragazze e i ragazzi, sono costretti dall’ambiente a crescere prima degli altri, ma in un modo tutto loro mantengono una specie di purezza. Ci sono poche sovrastrutture, ancora meno filtri e questo lo rende speciale.

S., protagonista del suo romanzo, è una persona vera. Com’è stato ascoltare dalla sua bocca una storia pregna di verità e sangue? Quali sono stati i suoi primi pensieri in merito? Quale invece l’ultimo nelle pagine finali del suo romanzo?

Sono stati momenti emotivamente molto forti. Mentre raccontava sentivo il suo travaglio. Mentre parlava piangeva, a volte si alzava usciva fuori e poi rientrava. Altre volte si bloccava, non riusciva ad andare avanti, tormentava le sue mani. Cercavo di immaginare la sua interiorità, quanto sforzo gli costasse e quanta voglia avesse di affrontare quello sforzo per liberarsi dai suoi demoni, per scacciarli. Ero sopraffatto da quella forza e cercavo di empatizzare il più possibile con i suoi tormenti. Tentavo di immedesimarmi e il mio unico pensiero era di accogliere il più possibile. Questo è avvenuto per tutto il tempo in cui siamo stati attorno ad un tavolo uno di fronte all’altro, dall’inizio alla fine.

Dalla sua bio si evince che oltre alla scrittura è anche un appassionato fotografo. Come concilia le due passioni? Come possono mescolarsi insieme in maniera efficace?

Nasco come fotografo. E forse questo si evince anche dal mio modo di scrivere, “per immagini” per l’appunto. È la prima volta che mischio le due cose. Le fotografie e le parole rispondo a tempi e ritmi diversi. Le prime sono istinto puro, velocità, attimi. Le parole invece decantano, si strutturano lentamente, prendono forma nella stasi. Però possono mescolarsi, a patto che le une non descrivano le altre e viceversa.

La tua passione da fotoreporter che posti ti ha spinto a visitare? Qual è il ricordo più bello dei tuoi viaggi? Gli stessi viaggi ti hanno spinto a scrivere storie nuove?

Il mio lavoro da fotografo si concentra, per la maggior parte, nel Sud Italia. Negli anni però mi ha portato molto in giro, nei paesi dell’Est ad esempio, o in Libia e in Tunisia. All’inizio della guerra in Ucraina sono stato in Polonia, sul confine. Ho vissuto venti giorni a stretto contatto con i profughi che arrivavano nelle stazioni e quella, fra le tante, è stata un’esperienza che mi ha cambiato e che quindi ha cambiato anche l’approccio al mio lavoro, rendendolo ancora più umano. I viaggi, quelli veri, aprono le porte al nuovo.

A chi è indirizzato il tuo romanzo? Cosa speri di suscitare nei tuoi lettori?

Chiunque scriva vorrebbe che le proprie parole arrivassero a più gente possibile. Questo non sempre accade ovviamente, ma nello specifico Brancaccio non è indirizzato a qualcuno in particolare, almeno non ho mai pensato ad un target specifico. Le storie sono di chi le legge ad un certo punto, di chi vuole affondarci la testa e il cuore. È bello che ognuno le faccia proprie e, senza una guida, dia la propria interpretazione.

Chi è Francesco Faraci?

Francesco Faraci è nato a Palermo nel 1983. Scrittore e fotografo, nel 2016 ha pubblicato Malacarne (Edizioni Crowdbooks), nel 2017 il romanzo Nella pelle sbagliata (Edizioni Leima), nel 2019 Jova Beach Party – cronache da una nuova era (Rizzoli). Ancora, ha pubblicato Atlante Umano Siciliano (Emuse Books) nel 2020 e Anima nomade – Da Pasolini alla fotografia povera (Mimesis Edizioni) nel 2022. Ha collaborato con importanti testate italiane e internazionali, tra le quali The Guardian, Time Magazine, Il Venerdì di Repubblica, Internazionale.

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