Tempesta d’autunno

Tempesta d’autunno

Articolo e foto di Martino Ciano

L’abbiamo visto il sacchetto della spazzatura lanciato come un frisbee, anche la macchina sfrecciare in controsenso, e persino la bici elettrica correre e infilarsi con precisione millimetrica tra le auto in coda. Tutto si è compiuto per noi, per ciascuno, per chiunque, per qualsiasi essere umano che navigando per le strade del Tirreno cosentino, quelle che d’inverno sono deserte, che solo il vento batte, che solo qualche anima pia attraversa, di cui ci si sente padroni, si è immaginato come un naufrago nel mezzo dei rottami di una nave esplosa.

E proprio questa massa di turisti in cerca di relax e di redenzione, che vuole sonnecchiare quando e quanto le pare, che si rifugia nei paeselli abitati fino a maggio da anime sbadiglianti, abituate a ritmi lenti lentissimi, costanti e oscillanti, a un certo punto si impossessa di tutto e di tutti e sfodera il portafoglio. Sembra quasi un miraggio!

Anche quest’anno s’è fatto vivo il turista, s’è goduto la villeggiatura, si è rubato il posto-auto dell’autoctono, s’è lamentato, ha detto di aver visto posti bellissimi e posti bruttissimi, ha scritto sui social che il mare è stato pulito, che la macchia verde di presunta mucillagine e di fanghiglia si è affacciata sempre alla stessa ora, si è incazzato per le multe, si è rallegrato per le passeggiate al fresco; ha fatto tante cose, ha fatto sempre le stesse cose ma gli è andata bene così, si è lamentato per gioco, per sport, per abitudine. Insomma, si è attenuto al solito copione!

Turisti siamo tutti. Un paese mezzo morto si è rianimato, resuscitato, ha respirato; con l’autunno se ne va di nuovo in apnea e arrivederci al prossimo anno. Si chiudono gli ombrelloni, si aspettano le mareggiate, la spiaggia se la mangerà la solitudine, gli sguardi degli autoctoni contempleranno i sassi e le onde. Eccole là… le case diroccate vicino al fiume, i marosi alti metri e metri sbatteranno contro le pareti, ma le pareti non cadranno, resisteranno per noi, per coloro che le animeranno la prossima estate. Questo è il miracolo che si ripete!

Ponte-ponente-ponte-pì, se ne vanno tutti felici e contenti; quelli incazzati hanno detto che non torneranno, ma poi passata la rabbia sempre qui sbarcheranno. Intanto, gli autoctoni guarderanno il cielo, scruteranno la terra, programmeranno la nuova stagione, faranno i conti con l’oste e senza l’oste, diranno belle e brutte cose su ogni argomento; alla fine avranno le idee confuse su ogni tema trattato, tant’è che sussurreranno: “Che Dio ce la mandi buona”.

E che noia!

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