Raccontami
Racconto di Antonio Danise. Foto di Martino Ciano
– Raccontami, allora.
– Non so da dove cominciare.
– Non importa, racconta e basta.
– Cosa devo dirti?
– Quello che vuoi.
– Ma non so se voglio.
– Allora è diverso, sforzati di volere.
– Perché?
– Perché così anch’io posso scrivere qualcosa.
– Ma non puoi scrivere da solo, senza che io racconti?
– Non saprei cosa scrivere.
– E lo vuoi sapere da me?
– In due viene meglio.
– Ma non saprei di cosa parlare.
– Se vuoi te lo suggerisco io.
– Proviamo.
– Parla di te.
– E cosa devo dire?
– Come ti chiami, ad esempio.
– Mi chiamo Mara.
– Tutto qua?
– È questo il mio nome.
– Qualcos’altro?
– Cosa?
– Ad esempio cosa fai, se lavori, dove abiti, cosa ti piace fare.
– Cioè cose che riguardano me, come se dovessi raccontarti la mia vita?
– Sì, ecco, qualcosa del genere, l’importante è cominciare, poi le cose verranno da sole.
– Sì, però preferisco che tu mi faccia delle domande, così mi è più facile rispondere.
– Ma non deve essere un’intervista, devi raccontare sotto forma di storia, una storiella se vuoi, ma non qualcosa del tipo io ti faccio una domanda e tu rispondi. Deve essere come una dichiarazione spontanea.
– Ho capito, praticamente come se fossi un’attrice su un palco, come una specie di autobiografia.
– Se vuoi metterla così, recita pure la tua parte.
– Praticamente sarebbe un monologo.
– Non esattamente, immagina che davanti a te ci sia qualcuno a cui stai raccontando di te, o anche un pubblico in un teatro, gente che è venuta ad assistere a uno spettacolo in cui un attore o, nel tuo caso, un’attrice parla di sé, racconta un’esperienza, o anche più di una, fai tu.
– Sì, bello, dev’essere bello, però, penso che dovrei prepararmi un po’.
– Ma cosa vuoi preparare, non ti conosci abbastanza? Non sai chi sei? Hai bisogno di tempo anche per parlare di te?
– Ho paura di sì, penso che dovrei almeno organizzare un discorso, che so, ordinare le idee, altrimenti mi perdo. Non sono sicura di riuscire a tenere una linea coerente, o uniforme, insomma a mantenere il filo del discorso entro giusti binari. Ecco, vedi, già mi sento a disagio al solo pensarci, mi viene l’ansia, un senso di panico, non so esprimermi, qualcosa di difficile, comunque.
– Va bene, ma quanto tempo ti serve per prepararti?
– Mah, non saprei, dovrei cominciare, dovrei provare per sapere quanto ci metterò.
– Ma non potresti cominciare senza provare? Vedrai che man mano che vai avanti acquisti fiducia, e così potrai affrontare il lavoro con più sicurezza.
– Non ne sono così sicura.
– Ma se non inizi non potrai mai saperlo.
– È che in certi momenti mi sento pure di poter cominciare.
– Ecco, vedi, devi approfittare di queste situazioni.
– Sì, ma poi ci vuole poco a ricadere nel panico.
– Ma non pensarci, vai avanti che le cose verranno da sé, il mondo non si è mica fatto in un solo giorno.
– È vero, però dall’altra parte non c’era un pirla qualunque.
– Ma tu nemmeno sei una cretina. L’importante è essere convinti, te l’ho già detto, con la buona volontà si ottiene tutto.
– Ma lo sai che hai dei modi accattivanti? Cioè, volevo dire convincenti, solo che mi è venuta quella parola, ma non so se esprime quello che realmente intendevo.
– Non preoccuparti, non devi farti problemi, quando si parla non sempre viene tutto bene, a volte qualcosa può sfuggire, un errore, un’imprecisione, un lapsus. Succede anche a me quando scrivo, non pensarci.
– Propongo una pausa.
– Ma come, non abbiamo nemmeno iniziato.
– È per riflettere un po’, raccogliere le idee, voglio pensarci, e poi, anche perché ho voglia di mangiare qualcosa. Mi è venuto un leggero languorino, una mela, o anche spiluccare qualche ciliegina, le ho comprate proprio oggi, sembrano buone, ed erano anche in offerta. Insomma ho bisogno di distrarmi un po’, questa tua proposta, quella di raccontare, mi ha fatto venire strane idee.
– Ad esempio.
– No, adesso non ho voglia di parlarne, ci possiamo vedere più tardi, o sarebbe meglio domani. Ti va bene se ci vediamo alla stessa ora, qui a casa mia?
– Sì, magari la notte porta buoni consigli, chissà, forse ti viene l’ispirazione, i sogni possono aiutarti, darti un’idea. D’accordo, ci vediamo domani.
– Anche tu con questa storia della notte che porta consigli?
– È solo un modo di dire, a volte succede, funziona davvero.
– In che senso?
– Eh, nel senso che anche se non ci pensi direttamente, però qualcosa nel sonno lavora, e al mattino può capitare che ti svegli con idee nuove.
– Sei di quelli che pensano che i sogni rappresentano la realizzazione di un desiderio, qualcosa del genere?
– Tutt’altro, credo che quello che sogniamo, dopo potrà avverarsi, se solo riusciamo a trovare il modo di mettere in pratica l’oggetto dei sogni, dopo averli opportunamente decifrati e interpretati.
– Non so cosa intendi con quell’avverbio, e poi, io, difficilmente sogno di notte, o meglio, sognare sogno, solo che al risveglio non me li ricordo più.
– Anche quella è una questione di volontà, cosa pensi? Solo una questione di esercizio. Basta fare un piccolo sforzo e anche i sogni te li ritrovi al mattino, o in qualsiasi momento, tutti svelati e dispiegati davanti a te.
– Così, tu te li ricordi i sogni che fai?
– Non sempre, però me ne ricordo tanti.
– Ma allora perché non scrivi dei tuoi sogni, invece di aspettare che sia io a raccontarti qualcosa di me?
– Sì, potrei, ma quello che faccio è semplicemente una ricostruzione dei sogni. Non sono poi tanto sicuro di aver sognato quelle cose lì.
– Beh, ma cosa te ne frega, l’importante è scrivere, no? A voi piace comunque intrecciare storie, incrociare trame, se poi sono vere o sono inventate conta poco. Se sono sogni o cose reali è secondario, dico bene?
– No, non ti sbagli affatto, ma quando si scrive si sceglie anche di cosa parlare, e io vorrei scrivere di te, e adesso non mi chiedere perché.
– Eppure, sono curiosa di sapere perché ti sei messo in testa di parlare di me, cosa ci trovi di così interessante?
– Tu parla, racconta, lo capirai da sola, e senza nemmeno dover aspettare tanto.
– Tanto quanto?
– Te ne accorgerai, lo capirai da sola.
– Sono troppo curiosa, non puoi anticiparmi qualcosa?
– Ma cosa vuoi che ti anticipi? E poi, non hai detto che volevi pensarci un po’? Mi hai dato anche appuntamento a domani.
– Sì, è vero, ma mi sa che non riuscirò facilmente a dormire al pensiero di queste cose.
– Meglio, così domani avrai tutto pronto e potrai sfoderare doti che nemmeno pensavi di possedere, anche tu ti meraviglierai. Vedrai come ti verrà tutto più semplice.
– Lo pensi davvero?
– Tutto andrà liscio, racconterai ogni cosa per filo e per segno, ti sorprenderai persino di raccontare storie che non sapevi di conoscere. Succede così, credimi. A domani e buon riposo.
– Allora ci vediamo domani.
– Sì, stessa ora. Sogni d’oro.
– Ancora con quei sogni?
– Ma è un modo di dire.
– Un altro?
– Sì, più o meno, un modo di augurare buona notte.
– Ma voi usate sempre modi di dire per esprimere altri concetti?
– È la ragione della scrittura, viviamo di questo noi scrittori.
– Beati voi.
– Ma che beati? Non pensare sia facile, sai.
– Allora, se non è facile, chi ve lo fa fare? Non sarebbe meglio dire le cose come stanno, chiamare le cose col loro nome, senza girare attorno alle parole?
– Senti, Mara, ti chiami così, vero? Ognuno ha il suo modo di raccontare, di scrivere, di vivere.
– Sarà.
– È.
– Ma non ti innervosire, non voglio farti arrabbiare.
– Non pensarci, ogni tanto mi salta il tic.
– E ti succede spesso?
– Ti ho detto ogni tanto, non ogni spesso.
– Allora buona notte.
– Buona notte.
– A domani.
– Ciao.
– Sempre che ci sia un domani.
– Oh madonna, cosa ti viene in mente adesso?
– Non è detto che ci sarà, non si sa mai, niente è sicuro. Al giorno d’oggi sembra tutto così difficile.
– Ma questo è così da sempre, cosa vai blaterando? In ogni momento può succedere qualcosa.
– È che di tanto in tanto mi vengono di questi pensieri.
– Sì, ma sono pensieri che non hanno ragione di esistere.
– Lo dici tu.
– Ma non ha senso.
– Però, se mi vengono, un motivo ci sarà.
– Sì, va bene, ma non vorrai scoprirlo a quest’ora della notte?
– Perché no? Cosa me lo impedisce?
– Io sono davvero stanco, mi si chiudono gli occhi, sarà per via del vino.
– Ma se in due non ne abbiano bevuto nemmeno una bottiglia.
– Ma non sono abituato a bere questo tipo di vino. Era forte, mi ha dato anche un po’ alla testa.
– Cosa ti senti?
– Ho come un cerchio che mi stringe tutto attorno.
– Sarà anche la stanchezza, sarà meglio andare a riposare.
– È quello che penso anch’io, ma non riesco a fartelo capire, è tutta la serata che ci provo.