Quattro apocalissi. Domenico Benedetto D’Agostino e “il dominio della parola”
Recensione di Martino Ciano. In copertina: “Quattro apocalissi” di Domenico Benedetto D’Agostino, Qed Edizioni, 2024
Tra pamphlet e romanzo, tra libello e riscrittura di una testimonianza, un po’ come si divertiva a fare Borges al termine delle sue scorribande nelle biblioteche, “Quattro apocalissi” di Domenico D’Agostino ci trasporta in una storia al quanto singolare, scritta in una lingua arcaica e maccheronica.
È il gioco che lega e slega leggende e Storia, ma è anche quell’operazione decostruttiva a cui fa seguito la libera interpretazione, che riempie queste pagine di uno sperimentalismo che non è fine a sé stesso. Immaginate che un uomo della prima metà del XVII, con tutte le concezioni dell’epoca ben impresse nella sua mente, ascolti i discorsi che un gallo, un’upupa, uno sciacallo e un pesce intrattengono davanti a una platea di animali; tutti accorsi per partecipare a questo evento raro, visto che per una sola notte all’anno viene concesso loro di parlare.
Immaginate anche che quest’uomo stia lì ad origliare solo per capire se quella sia l’opera del demonio o un intervento della Divina Provvidenza. Infatti, gli animali discutono sull’eventualità di iniziare a dialogare con gli umani, dimostrando loro di avere la capacità di parlare e di intrecciare discorsi complessi. Partono proprio dall’origine, cioè dalla creazione dell’Eden, quando uomini e animali erano vegetariani e vivevano fianco a fianco e in santa pace; poi arrivò la corruzione e questa “strana legge” che pose l’uomo al di sopra di ogni creatura, tanto da arrogarsi il diritto di vita e di morte.
Ma siamo sicuri che questa “superiorità” sia stata elargita dal Signore? La disputa ironica, teologica e ricca di riflessioni assume anche i contorni di un nuovo ambientalismo; non quello fatto di facili slogan o di decrescita felice, ma di consapevolezza dettata dal buonsenso e da una salda concezione spirituale. E tra il serio e il faceto ci imbattiamo in uno di quei “libelli proibiti” che potremmo trovare ancora oggi, per puro caso, nel reparto segreto, se non dimenticato, di una biblioteca sita in un monastero diroccato.
Infatti, non possiamo non concentrarci sulla lingua usata da D’Agostino, così vicina a quel volgare che attraverso varie giravolte semantiche riusciva a far giungere agli orecchi attenti messaggi profondi. È questa infatti un’opera dal sapore clandestino, che sfida il canone contemporaneo, che richiede sforzo cognitivo, che regala piacere alla mente, proprio perché non sembra di quest’epoca nonostante la rappresenti in pieno.
Pensate anche che questo convegno anomalo si svolge in Calabria, in una terra di mezzo, a cavallo tra Citerione e Ulteriore. Sappiate anche che questo “consesso tra animali” si tiene nella sera in cui avvenne il grande terremoto del 27 marzo 1638, e capirete che D’Agostino ha voluto richiamare l’attenzione su diversi “sconvolgimenti” che stanno interessando la nostra epoca.