Motozappando. Storia bucolica del silenzio

Motozappando. Storia bucolica del silenzio

Di Gattonero

In questi giorni, tra un temporale e l’altro, sto ‘passando’ la motozappa nel mio orticello. 

Quando – dopo tira e molla, più tira che molla, perché si è viziata e mai che parta al primo o secondo strappo dell’avviamento – si mette in moto, una volta instradata sul percorso da macinare, il suo ronfare concilia i pensieri, interrotti ogni tanto dal soprassalto della macchinetta che trova terreno più secco o sassi fuori misura.

Durante il lavorìo della terra questi pensieri sono simili a quelli della notte, quando ci si sveglia e – passato il tempo del conteggio delle pecore, bucolico in epoca lontana, ma ormai desueto – per agevolare il ritorno del sonno si pensa, si pensa a tutto: a un ieri lontano, a uno più prossimo, all’oggi, ma soprattutto al domani e al domani futuro. Con una motozappa fra le mani non ti puoi abbioccare, come succede sovente alla guida di automezzi su strada. Intanto per lo scotimento continuo e poi per il baccano che un motore di otto cavalli, a gasolio, riesce a sprigionare.

Già lo scorso anno avevo notato, con un certo stupore, che miei compagni abituali del lavoro erano due merli. Mi venivano appresso, becchettando nella terra smossa, saltellando di qua o di là, fregandosene altamente della mia presenza e del baccano del mio trabiccolo. Uno di questi merli è nero, con un becco color giallo vistoso. L’altro è grigio, con il becco di un giallo più attenuato. Non sono pratico di sesso dei merli, ma le mie ragazze mi hanno istruito in merito: la grigia è femmina, nero è il maschio. Non che cambi molto, ma ho notato che la femmina è più intraprendente del maschio, al limite dell’incoscienza; nei suoi saltellamenti, ogni tanto si affianca alle pale che scavano il terreno, con il rischio di farsi risucchiare da queste. Evidentemente va alla ricerca dei vermicelli più freschi, appena sfornati dalle zappette. Con il baccano, non fa neanche caso se le grido di allontanarsi. Finora le è andata bene. Ed è andata bene anche a me: se un giorno dovessi maciullarla, credo che venderei la motozappa e tornerei alla vanga, buonanima. Dicevo, questo movimento di compagnia lo avevo notato già gli anni passati. Quest’anno ho fatto una scoperta più singolare, che mi ha fatto concentrare, per avere conferma di quello che non era più un fatto occasionale. Ho detto dello strano coraggio delle due bestiole, che né il baccano né le urla dissuadevano dal lavoro di ricerca. Mi si era spenta la motozappa per fine carburante; la coppia, in simultanea, si è allontanata, rifugiandosi sugli alberi vicini. Più oltre, ho spento per un goccio di caffè e relativa sigaretta: stessa scena di fuga e riparo arboreo. A quel punto, quali potessero essere i pensieri che mi ero ripromesso di esaminare, li ho accantonati, concentrandomi sul comportamento dei due volatili.

Ho pensato: Vuoi vedere che questi hanno capito che, con le mani e il corpo occupati alla guida della motozappa, ero sicuramente innocuo e quindi facevano gli spavaldi a ragion veduta?

Non nego a nessuno, neanche agli animali, la capacità di intendere e a questo intendere di adeguarsi. La fresatura della terra, ormai era un contorno alla mia verifica. Spegnevo e riaccendevo in continuazione la motozappa per seguire la reazione dei miei due amici. Nella follia dello studio, mi sembrava quasi di sentirli: Pensa a lavorare, cincinnato della domenica, e non rompere con ‘sti esperimenti del cazzo! A parte il fatto che è sabato, ma posso mettermi a puntualizzare con dei merli?

Solo alla fine del lavoro, la lampadina di Archimede pitagorico si è accesa, con una luce fulminante: il casino della macchina e le mie urla erano un segno di vitalità, di movimento, e a loro andava bene, si sentivano sicuri. Invece, è del silenzio che avevano paura, e sentendo il silenzio fuggivano. Chiudo questo breve studio, magari stupidino – comunque sempre meglio del rilevamento dei tempi del coito tra bipedi – con una constatazione: è il silenzio che deve far paura, è il silenzio che aiuta chi vuole averla vinta sulla ragione e sui diritti. Bavagli, affossamento dell’informazione, occultamento delle verità, mistificazione dei fatti, negazione delle evidenze.

Tutto è diventato lecito, pur di silenziare la motozappa della protesta. L’hanno capito i merli, che come QI non sono all’apice della classifica dell’intelligenza: il silenzio è paura.

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