Massimo Salvatore Fazio. Il tornello dei dileggi. Arkadia editore
Recensione di Vladimir di Prima
Dopo la felice esperienza in saggistica, Massimo Salvatore Fazio approda alla narrativa e lo fa con una proposta che già dal titolo (Il tornello dei dileggi – Arkadia editore 2021) presenta una chiara presa di posizione: la possibilità della parola. L’autore usa questo strumento per scardinare la trappola dello stile, e se alla cosciente sovrapposizione della prassi retorica aggancia l’innovazione, se alla sperimentazione programmata sostituisce ben presto l’inconsapevolezza propria dell’artista, ecco che dal flusso di coscienza che ne deriva nasce un’opera di straordinaria complessità.
Più che di uno scrittore, infatti, questo può dirsi l’esito di un franco pensatore il quale, bloccando metaforicamente un filo di zinco a due estremi (Paolo e Adriana, i protagonisti) riesce ad appendervi un’infinita sequenza di situazioni e personaggi altrimenti e apparentemente ingiustificabili. Nulla pertanto può dirsi superfluo e inutile in questo romanzo, neppure le digressioni calcistiche o i rimandi autostradali o le figure che appaiono per scomparire nello stesso momento dell’apparizione.
Vita come scansione di una quotidianità ripetuta e lacerante, eppure fortemente imprevedibile perché vita. Del resto niente è come sembra, o meglio, l’autore fa sì che niente sia per come si voglia. Incurante della trama, fedele oppositore dei celeberrimi fan del plot a tinte gialle, la “storyless” di Fazio palleggia i suoi personaggi nel teatro di città molto distanti fra di loro, benché profondamente unite per anima e coscienza. Ed eccola un’altra chiave di lettura di questo romanzo: la coscienza.
Una coscienza membranosa, quasi materialmente tangibile, che fa a pugni con se stessa, sospesa fra l’etica convenzionale e la negazione della morale, in bilico fra i sentimenti più puri, le passioni, e il tradimento non dell’altro, ma di un sé tormentato dalle pulsioni. Amore, incesto, proiezione di incesto, o semplicemente sogno o interpretazione letterale dei fatti.
Così si arriva al doppio finale, un’invenzione che sa di monito; un meccanismo che l’autore progetta per dare libertà al lettore, chiamiamolo potere, ma anche per ingabbiarlo al completamento dell’intero testo, pena l’incomprensibilità di un tutto destinato a collocare l’opera nei piani di un riguardoso rispetto. Leggetelo il tornello dei dileggi, ne vale assolutamente la pena.