Lamborghini, ossia un uomo di cui ci si dimentica

Lamborghini, ossia un uomo di cui ci si dimentica

Foto di copertina: “Lamborghini 350 Gt” di Stahlkocher, CC BY-SA 3.0 , via Wikimedia Commons. Dettagli licenza al link: http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/

“Lamborghini, ossia un uomo di cui ci si dimentica” è un articolo di Letizia Falzone. Le foto sono state fornite dall’autrice

“Non è impossibile fare quello di cui parlo. Il sole sorge e tramonta per la maggior parte degli uomini e poi muoiono. Ma il nome di alcuni uomini, grandi uomini, viene ricordato in eterno.”

In occasione del 60° anniversario della sua fondazione, “Lamborghini – The Man Behind the Legend” porta sullo schermo la vita dello storico fondatore della casa automobilistica omonima. Scritto e diretto dal premio Oscar Bobby Moresco, dopo essere stato presentato alla festa del cinema di Roma, è uscito direttamente su Prime Video.

Cento, 1946. La seconda guerra mondiale è finita e Ferruccio Lamborghini torna finalmente a casa. Rivela al padre Antonio di non voler ereditare la fattoria di famiglia ma ha un piano ben preciso: sfruttare le sue competenze acquisite a scuola e nell’esercito per costruire, insieme al suo amico Matteo, dei trattori efficienti ed economici che aiutino nel lavoro dei campi gli agricoltori come suo padre.

Cresciuto con il motto “un uomo che non ha debiti non ha motivo di lavorare” e consapevole delle sue doti meccaniche, Ferruccio inizia a comprare veicoli in disuso per trasformarli in macchine agricole e partecipa alla Motor Valley nella speranza di farsi notare. La sua presunzione però lo porta fuori strada rischiando così di compromettere tutto. Forte del sostegno economico di suo padre, Ferruccio si rimette presto in carreggiata.

Nel frattempo costruisce il suo futuro anche personale: l’amata Clelia lo ha aspettato per tutto il tempo in cui lui era lontano, e ora possono sposarsi e costruire una famiglia. Con le prime vittorie arrivano però anche grandi dolori: nel 1947 Clelia morirà dando alla luce Tonino. Ferruccio è travolto dal dolore, dalla rabbia, dalla frustrazione e dai sensi di colpa per non esserle stato accanto. Non può far altro che aggrapparsi al suo sogno e cercare di voltare pagina. Nel 1948 si lega sentimentalmente ad Annita Borgatti e fonda la Lamborghini Trattori, diventando in poco tempo leader nella costruzione di macchine agricole e ampliando la produzione a condizionatori e caldaie. L’idea di inserirsi nel mercato delle auto di lusso nasce a seguito di una discussione con Ferrari.

Gli anni del successo sono quelli in cui proprio la sua rivalità con Enzo Ferrari raggiunge il picco e nel quale la sua luminosa esistenza culmina con la messa a punto dell’automobile dei sogni: la Lamborghini 350Gt. Anche questa volta, il trionfo è adombrato da conflitti nell’ambito della vita privata. L’ultimo capitolo registra la crisi del petrolio e gli scioperi che conducono alla cessione della sua quota dell’azienda. Il film, in tutto ciò, è vissuto in flashback dal vecchio Ferruccio, mentre il giovane Ferruccio si sfida in una gara di velocità con Enzo Ferrari, la cui rivalità è al centro del film e scandisce la narrazione: si inseguono a tutto gas per le strade cittadine e poi fuori, ma sul loro volto non si legge eccitazione o gioia.

Non bastano però tre scorci striminziti per ritrarre un vita così leggendaria. Ferruccio, è un personaggio che dovremmo vedere divorato dalla passione e di cui invece non percepiamo la forza e la vitalità. Moresco riserva troppo spazio alle questioni familiari e alla vita privata di Lamborghini a scapito delle vicende professionali, del tempo che trascorre in officina a mettere a punto quelle meravigliose auto sportive. Il suo era il sogno italiano di creare l’automobile sportiva ideale, veloce ed elegante, l’arte applicata ai meccanismi. Ferruccio si vanta della sua collezione di Ferrari, Jaguar e Alfa Romeo, realizza un gioiello firmato dalla sua casa automobilistica eppure quegli esemplari e quella sua vita in mezzo a loro viene immortalata ben poco.

A mancare è proprio la nostra terra, manca il guizzo dell’uomo che viene dalla campagna e si è fatto da solo, la spontaneità di un personaggio che è entrato nel mito dell’imprenditoria italiana con ambizioni e rigore di chi aveva le idee chiare fin dall’inizio, pur non avendo i mezzi. Bruschi passaggi da un’epoca all’altra contribuiscono a creare dei buchi di trama che generano un effetto straniante e la sensazione è quella di vedere un film a cui manchino delle parti. Ecco, forse questa immagine riesce, meglio di altre, a rendere l’idea del perché non è piaciuto “Lamborghini – The Man Behind the Legend”, e del perché si è persa un’occasione per raccontare come si deve una delle tante eccellenze della storia d’Italia.

Un film su Ferruccio Lamborghini meritava insomma una produzione nostrana, uno sguardo più rispettoso delle nostre tradizioni e del nostro cinema, anche per dare maggiore profondità e credibilità al personaggio. La nostra terra è la chiave di lettura di tutto, è la base su cui muovere la narrazione di questa e altre storie che da qui sono partite e che forse è bene che qui ritornino per essere conservate, narrate e tramandat11e nei decenni nel modo giusto.

Un film senza epica: racconto convenzionale in un’Italia oleografica, che ci dice poco dell’uomo e dimentica la leggenda.

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