La misura del tempo: Carofiglio e i cavilli della giustizia

La misura del tempo: Carofiglio e i cavilli della giustizia

Recensione di Letizia Falzone. In copertina: “La misura del tempo”. Gianrico Carofiglio, Einaudi, 2019

Una sera tardi l’avvocato Guerrieri ha un appuntamento inaspettato: una certa Lorenza Delle Foglie richiede con urgenza una sua consulenza. Lui è dubbioso; tanti anni prima ha avuto una relazione con una donna molto più grande di lui, che si chiamava proprio in questo modo. Che sia lei? E cosa vuole da lui? Guerrieri con il suo fiuto da segugio sente odore di grossi guai.

Infatti: “Fece entrare una donna. Era alta, piuttosto magra, capelli corti grigi, e indossava una giacca di pelle un po’ larga, un po’ sformata”.

Lei, profondamente cambiata, gli chiede di assumere la difesa del proprio figlio, in carcere accusato dell’omicidio di uno spacciatore, considerato suo fornitore di droga. Già condannato senza speranza in primo grado, occorre preparare una difesa più accurata e anche più tecnica. Guido riuscirà in un compito che si annuncia perdente già dall’inizio?

Incomincia in questo modo: “Una sfida processuale ricca di colpi di scena, un appassionante viaggio nei meandri della giustizia, insidiosi e a volte letali.”

“La misura del tempo” è proprio questo. Un dotto quanto fascinoso racconto intessuto di giustizia, processi, iter giudiziali. Pagine e pagine con descrizioni di strategie processuali, spiegazioni di cavilli inusitati e poco comprensibili. Non un giallo, ma la spiegazione di come si costruisce e si mette in pratica una difesa. Io, cultrice del diritto, l’ho trovato ammaliante.

Lo stile del romanzo è accurato, coinvolgente, riflessivo, a volte adornato da una sottile ironia utile a stemperare; capace di dosare perfettamente dialoghi e narrazione. L’autore non strizza continuamente l’occhio al lettore, non vuole farlo contento a ogni costo con scelte banali volte a regalargli una leggerezza passeggera; l’autore vuole lasciare il segno.

Non ha paura di soffermarsi su verità scomode e difficili da digerire, a volte angoscianti; è infatti consapevole che questo spingerà il lettore a fermarsi a ponderare quel che ha appena letto, regalandogli l’impagabile sensazione di aver letto qualcosa di vero, non contraffatto da artificiosi addolcimenti. La dolcezza c’è come c’è nella vita: a piccole dosi, senza ignorare i momenti difficili che a quella dolcezza danno una marcia in più.

La figura dell’avvocato Guerrieri è praticamente viva: un personaggio così ben reso da poter credere di incontrarlo, un giorno o l’altro, lungo la strada di casa. Afflitto da dilemmi, vittima di debolezze e capace di piccoli atti d’eroismo, Guerrieri è un personaggio in cui ogni lettore può vedere una parte di sé stesso e (sono sicura) anche l’autore ha messo moltissimo del suo essere.

L’avvocato Guerrieri non siamo altro che noi con la toga: noi lettori e oratori che, ogni due per te, buttiamo lì una citazione o un fattarello letto, ascoltato, chissà dove, da chi. Noi che soffriamo di inquietudine notturna e ci ritroviamo svegli alle due e venti del mattino a leggere articoli dai titoli astrusi. Guerrieri parla al suo sacco da boxe come noi parliamo al nostro animale domestico, o alla nostra matita preferita, ponendole dubbi, questioni e attendendo una risposta, fino a sfociare quasi nel patologico, diremmo.

Guerrieri è, essenzialmente, un buono: pensa e ripensa a come dire di no a qualcuno e poi, alla fine, inevitabilmente dice di sì. È un personaggio ironico e autoironico, ma guai a dargli del vecchio; si perde in lunghe divagazioni pur di rimandare qualcosa che deve fare; ammette di essere banale, a volte, e di pensare troppo.

Guerrieri è come noi quando riflette su questo tempo che corre, veloce eppure indolente, e che si ripete e sembra non sorprenderci più, ma sa che è ancora possibile lasciarsi stupire: “Mi piacerebbe tanto, se capitasse di nuovo. Forse potrebbe essere proprio lo stupore – se fossimo capaci di impararlo – l’antidoto al tempo che accelera in questo modo insopportabile”.


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