Indifferenza

Racconto e foto di Martino Ciano
Di indifferenza non vive l’uomo?
In certi momenti eri nell’indifferenza dello spazio-tempo: un sasso sulla cima acuminata di un monte. Non capivi perché, nel bar, la gente si accalcasse davanti alla vetrina del bancone per scegliere un dolce. Non comprendevi perché solo in alcuni giorni ci si dovesse vestire eleganti e profumarsi; e perché l’andatura di una passeggiata dovesse essere lenta e cadenzata.
Passato prossimo
Anche tu hai deciso di camminare sulla striscia di marmo macchiata dall’ombra delle chiome degli alberi. Ti sei soffermato su un bambino che ha rincorso una palla verde; dietro di lui il padre, che ha accompagnato con lo sguardo lo sgambettare incerto del figlio. Ti sei rasserenato davanti al bacio che si sono dati un uomo e una donna. Hai seguito i movimenti claudicanti di una coppia anziana, marito e moglie, che sostenendosi a vicenda sono rimasti in piedi. Ti sei lasciato abbagliare dal sole, hai pensato alla composizione della luce, alla costruzione di ogni raggio che cade sulle cose in un dato momento, in un preciso punto. Hai chiuso gli occhi, hai contato fino a dieci, li hai riaperti e nulla è stato più come prima, e niente sarebbe tornato a essere come l’attimo precedente. Ti sei sentito anche tu un soffio, un corpo dalle membra di nebbia.
Inizio imperfetto
Quella mattina, ti eri svegliato e avevi fatto colazione con una sigaretta, poi ti eri seduto sul letto; eri in mutande. Avevi lasciato che il sonno ti cullasse ancora un po’. Ti eri chiesto perché a qualcuno è stato dato il potere di decidere per altri; perché alcuni devono lavorare per donare a pochi benessere e relax. Alla fine, scosso dall’angoscia, ti eri domandato perché ti complicavi l’esistenza con quesiti che ti avrebbero fatto giungere a risposte vaghe, qualunquiste, prestampate.
La notte ti aveva donato un sogno rivelatore e la certezza che un’unica cosa avresti conservato per te: le tue parole
Tu eri un’ombra che si staccava da terra e che diventava un corpo dai contorni evanescenti in cui tutte le età che avevi attraversato si manifestavano per un istante. Passavi tra cadaveri che avevano le tue sembianze. Erano sorridenti, erano distesi a terra, ciascuno circondato da cani e topi. Somigliavano in tutto e per tutto a ciò che eri stato, a ciò che eri in quel momento, a ciò che sei ora e che sarai domani.
Confusa temporalità, indifferenza conclamata
Hai spalancato gli occhi; ti sei svegliato. Hai richiuso gli occhi; ti sei addormentato di nuovo. Hai visto come un sogno possa cadere in un altro sogno, quante dimensioni danno consistenza all’universo. Anche quella mattina, nel bar, eri un’ombra tra persone che si affannavano per accaparrarsi un cornetto, che si affaticavano nel mangiarlo; ogni boccone che strappavano era doloroso come addentare una sbarra di ferro.
E quella mattina, tra gli altri, nel bar, hai capito che il mondo era vivo solo nei tuoi sogni, che cadeva per rompersi come una sfera di vetro e per ricomporsi in una nuova scena. Attraversavi brandelli di tempo, come quando fuggivi tra i cadaveri che avevi sognato nella nottata appena trascorsa. Ti sei chiesto cosa avresti lasciato al mondo. Forse, solo le tue parole, fin quando non sarebbero state cancellate da qualcuno, fin quando il tempo non fosse scaduto per te e per gli altri.
Le tue parole si moltiplicheranno, ma tu non vedrai quel giorno; le tue parole moriranno, ma tu non ci sarai. Le tue gioie e i tuoi dolori non hanno nulla di speciale rispetto a quelli degli altri. Gli uomini di domani avranno le stesse perplessità di quelli di oggi. Il mondo sarà come l’hai lasciato tu: cambierà nella forma ma non nella sostanza; così è stato prima di te, così sarà dopo di te. Ti piace questa sentenza?
No: anche tu hai deciso di comprare un cornetto.
Con indifferenza lo hai inghiottito.