Laurie Colwin: quando il sapore del tempo si fa inchiostro

Laurie Colwin: quando il sapore del tempo si fa inchiostro

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Laurie Colwin: “Il fascino del quotidiano in opere che sembrano soffiate alla vita, permeate di autenticità e di fare umano”. Questo il tema dell’articolo di Rosanna Pontoriero. La foto in copertina è stata fornita dall’autrice

Esistono libri rubati alla vita, afferrati alla forza del tempo, che hanno il gusto di compleanni, cene andate a male, magliette sporche, caffè. Una scrittura che a molti potrebbe apparire di superfice, ma che è, invece, di sostanza. E sapete perché? Siamo fatti di quotidianità, di traslochi emotivi, torte imperfette, camice sudate, calzini bucati e dilemmi scontati. Eppure, chi racconta il tempo ordinario ha un fascino incredibile, diventa umorista, spesso anche un pensatore snobbato.

Ci insegnano che a costituire arte sia l’eccezionalità: è un pensiero anacronistico e dominante, anche stancante. Pensate a quanto sia interessante una macchinetta del caffè sul fuoco, ai segreti che racchiude, alle storie che custodisce. Laurie Colwin è una scrittrice pop: nei suoi libri rivivono i compleanni, le cene fallite, i capelli disordinati, il bucato da stendere. La cucina non è una stanza per tradizionalisti, è un laboratorio come gli altri. Certamente, deve esserci la scelta. Quello che più colpisce di questa autrice, americana e morta precocemente, è la freschezza, l’ironia. Sembra di sentirla con una voce squillante.

Laurie Colwin: la scrittrice rubata

«Per otto anni ho vissuto in un monolocale appena più grande dell’Enciclopedia Columbia (…) – si legge in Home Cooking – Mi ero trasferita lì in una fresca serata d’estate a ventitré anni. Quella sera avevo preparato la cena per due amiche dei tempi dell’università». In Laurie Colwin, nata a New York nel 1944 e morta nel 1992, il cibo è foriero di vita. Una infinità di ricordi dietro una melanzana, che prendono fiato con una semplicità casalinga, immediata, parlata. «Quando ero da sola, vivevo di melanzane, le mie più grandi alleate ai fornelli. Le friggevo, le stufavo, le mangiavo croccanti o molli, fredde o calde. Costavano poco e riempivano (…) Cenare da soli è uno dei piaceri della vita. Di sicuro cucinare per se stessi rivela gli aspetti più bizzarri degli esseri umani». È sincera, come molte donne di scrittura, limpida, mette di buon umore. E poi pensateci: quanto si potrebbe raccontare partendo da un uovo? Chi vi scrive potrebbe imbastire una infinità di storie.

Il cibo, associato alla parola, è psicanalisi: «Uno dei miei primi ricordi d’infanzia – scrive sempre la Colwin in Home Cooking – sono i pranzi del sabato in estate da Conklin’s, un grosso supermercato sulla strada principale del lago Ronkonkoma, con i miei genitori e mia sorella. (…) Quando sono andata a vivere da sola e ho cominciato a cucinare per me stessa, mi sono detta che se mi piaceva così tanto l’insalata di patate, molto probabilmente piaceva anche agli altri».

Dietro un piatto se ne stanno tacite le stagioni della vita. Io, per esempio, ho davanti agli occhi tutte le torte alle fragole che hanno costeggiato i miei compleanni, a cominciare da quelle rettangolari di mia madre e finendo alle mie, decorate con i fiori freschi. Per ogni torta mi sembra di sentire arrabbiature, desideri, frustrazioni, appagamenti, antipatie. La scrittura di Laurie Colwin ha esattamente questa andatura.

Romanziere impasticciate

In Home Cooking ci sono anche le ricette, che appuntano pezzetti di storia quotidiana: «Non abbiamo mai comprato torte al cioccolato per i nostri compleanni, ma il cioccolato ha giocato un ruolo importante nelle torte che abbiamo ordinato. Erano sempre le stesse: di pan di spagna divise a strati, ogni strato spalmato alternativamente con crema al caffè e marmellata di albicocche». Di seguito una ricetta del «Budino al cioccolato al vapore vecchio stile».

In molti romanzi contemporanei si ritrova la tendenza ad utilizzare il cibo come strumento di racconto e recupero, perché svela il concetto, l’emozione, meglio di qualsiasi altra cosa. Nel mio primo romanzo, “Melina e la finestrella sull’orto”, vi è una ricetta per ogni momento narrativamente importante. Nel subbuglio emotivo della protagonista, la cucina ha un ruolo definito. Sono tante le scrittrici, non solo la Colwin, che ci insegnano come la vita di tutti i giorni non sia disconnessa dall’arte della parola, al contrario, ne è fondamento.

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