In margine a un ritorno di Giorgio Zabbini

Recensione di Martino Ciano. In copertina: “In margine a un ritorno” di Giorgio Zabbini, Le trame di Circe, 2024
“In margine a un ritorno” di Giorgio Zabbini è uno di quei romanzi che ti aiuta a fare i conti con il potere dei ricordi, facendo apparire la memoria più come un ostacolo che non come un “luogo” da cui attingere “saggezza”.
Un uomo torna nel suo paese natio dal quale anni prima era andato via per stabilirsi nella fiorente Milano. Mancava da molto e l’unico motivo che lo ha spinto a rimettervi piede è stato l’approssimarsi della morte dello zio novantenne Alfredo.
Lui obbedisce al desiderio dell’anziano di vederlo per l’ultima volta, ma è meglio dire che è il protagonista che concede a sé stesso la possibilità di ristabilire un contatto con i luoghi in cui è nato e cresciuto, però tutto si trasforma in una resa dei conti, non tanto perché abbia lasciato delle macerie ma proprio perché non c’è una causa forte alla base del suo allontanamento.
Allora, perché continua a lambiccarsi il cervello? Forse non è davvero così?
“In margine a un ritorno” scorre con delicatezza, percorrendo la strada della malinconia. Al protagonista, quasi un fuggiasco, ogni cosa sembra diversa. Incontra i suoi amici d’infanzia e vede i loro cambiamenti fisici e caratteriali, nonché le evoluzioni del fato. Lui ha la possibilità di fare i conti anche con i sogni ormai irrealizzabili; accoglie le lamentele e le frustrazioni dei suoi coetanei, ma resta sempre a distanza di sicurezza, come se dovesse difendersi dalle emozioni.
È l’apparizione di Laura, un amore mai dimenticato, a dare un taglio diverso agli eventi. Proprio lei sarà capace tanto di far rimpiangere il passato, quanto di renderlo accettabile. È difficile descrivere certe sensazioni, è forse impossibile trovare la quadra, si resta sempre sospesi tra la necessità di voler rimettere a posto le cose e di abbandonarle al loro destino. Ma è sempre possibile?
Per undici giorni, questo manager milanese originario di una piccola realtà toscana giocherà con sé stesso, accompagnando suo zio Alfredo, ex repubblichino mai pentitosi di aver abbracciato e sostenuto il Fascismo, verso la morte e la redenzione. Intanto, lo scopo del suo ritorno cambia e lui si trasforma un ricercatore sul campo che ha bisogno di conferme del suo passaggio.
C’è chi lo vedrà come uno straniero, come quelle persone che uscendo volontariamente dalla vita di una comunità diventano anonime, senza patria e focolare; c’è anche chi ammira il suo gesto, perché la vita di paese è fuori dal tempo, nulla cambia davvero ma solo timidamente prova a mischiarsi con il resto del mondo.
Il cugino Renato gli fa pesare la sua assenza prolungata, il disinteresse verso le sue origini. Lui legge in tutto questo una necessità meschina, che fa degli uomini esseri egoisti che sacrificano ogni cosa sull’altare delle “legittime aspirazioni personali”. Ma è proprio così?
“In margine a un ritorno” è un libro profondo, che scende in quel luogo in cui si scontrano le opposte fazioni della nostra identità. È certo il luogo di nascita ma non quello in cui moriremo, perciò Zabbini crea un percorso lento e riflessivo, utilizzando una prosa morbida che attraversa i compromessi, che segue con distacco gli eventi, nonostante il narratore sia un “io”. Un “io” sicuramente spaesato, colto di sorpresa dalle conseguenze delle sue scelte.