Sacrificate un gallo alla salute ritrovata…

Sacrificate un gallo alla salute ritrovata…

Racconto e foto di Martino Ciano

Si accorse di quanto la verità non esistesse: tutte le cose sono illusioni che i sensi donano per tacito consenso, nel bene e nel male. La conoscenza ammalia gli animi, tant’è che gli esseri umani sono convinti di giungere a risposte soddisfacenti. Invece, la verità è solo una “metafora”, una traduzione approssimativa degli impulsi che riceviamo, che filtriamo e attraverso cui i neuroni rendono manifesti oggetti, soggetti, sentimenti, sensazioni.

Allora quale gioia ritrovò quell’uomo goffo, claudicante, dal passo traballante, mentre entrava in un bosco?

Semplicemente che nulla è vero e che tutto è concesso, così come disse prima di morire Hasan-i Sabbah, il Vecchio della Montagna, che costituì i Nizariti, la sua setta di assassini e fumatori di hashish. Da Almut, nel suo nido d’aquila, lontano dal mondo e dagli uomini dopo aver tanto peregrinato, egli fondò la sua causa su una concretezza: che l’uomo non partorisce certezze, ma vani concetti che si avvicinano a ciò che lo aiuta a sopravvivere.

Anche lui era felice, perché quando si uccide e ci si suicida in una intuizione che guida lo spirito, in qualcosa che svela l’essenza, si giunge alla conclusione di un viaggio. E come fu per il Vecchio della Montagna fu per Nietzsche, che si vestì prima di scetticismo, poi di nichilismo; e oscillando tra il possibile e il nulla, egli preferì quest’ultimo. Ma il “nulla” non va inteso solo come “vuoto” o “assenza”, ma anche come “qualcosa che c’è, ma che non si può conoscere fino in fondo”. Nulla è pertanto accontentarsi dei nostri limiti percettivi, delle nostre verità monche.

Nulla è anche essere consapevoli del fatto che tocchiamo, assaporiamo, ascoltiamo, annusiamo e vediamo l’inganno della coscienza, la quale ci spinge a svegliarci ogni mattina e a sperare che tutto ci sia rivelato. Respirare e riprodurci non per noi stessi, ma in nome della nostra specie umana che, come tutte le altre specie, è guidata dalla volontà di vita.

Eppure, non aspira a essere “verità” questa negazione d’ogni Verità?

Oggi come allora; oggi come Hasan-i Sabbah e Nietzsche, il protagonista di questo racconto cammina nel bosco come uomo tra gli uomini, come fratello tra fratelli e sorelle, come essere tra nulla essente. Può gioire per questa verità che gli fa conoscere l’unica “cosa in sé” conoscibile: l’ignoranza. Splende nella sua impotenza; mette a tacere i venti di guerra, i soffi di dolore per le mete non raggiunte o per i progetti collassati. Neanche la morte ha più potere su di lui, perché essa sarà un’illusione che aprirà le porte su un’altra illusione.

D’altronde, fu lo stesso Nietzsche che esaltò il Vecchio della Montagna, perché nessuno in Occidente aveva saputo lanciare alla filosofia e al pensiero comune una frase così audace. Se nulla è vero, allora tutto è concesso… Cosa resta,dunque?

 

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