La follia dell’hirameki. Mauro De Candia e gli inganni della percezione

La follia dell’hirameki. Mauro De Candia e gli inganni della percezione

Recensione di Martino Ciano. In copertina: “La follia dell’hirameki” di Mauro De Candia, La Gru, 2024

Da pochi sprazzi di colore, da cui si può trarre persino un’opera d’arte, a parole che delineano personaggi e scenari. “La follia dell’hirameki” di Mauro De Candia è come un enigma che l’autore sottopone al lettore.

Sono racconti perlopiù psicologici che giocano con il “vedo e non vedo”, con gli inganni dei sensi e della razionalità. D’altronde, l’hirameki è quel metodo attraverso cui da macchie di colore messe lì, apparentemente a caso, si prova a ricavare un disegno sulla scorta di ciò che ispirano.

Così costruisce le sue storie De Candia, tramite “lampi di ispirazione” che suggeriscono personaggi che, a loro volta, a causa del pregiudizio e dei modelli sociali di riferimento, vengono tratteggiati in una certa maniera piuttosto che in una forma nuova, frutto di un’ispirazione quasi extrasensoriale.

In questo modo, lo scrittore costruisce un puzzle complesso in cui una cosa si intreccia nell’altra, un individuo diventa inconsapevole ornamento della struttura sociale, solo perché, per qualche ragione recondita, egli risponde a certe caratteristiche.

È con questo balletto “pirandelliano” che l’autore ci lancia diversi messaggi: “quanto crediamo di saper vedere?”; “quanto possiamo fidarci delle nostre percezioni?”; “quanto siamo vittime dei pregiudizi a causa di una visione che, nonostante sia chiara e netta, è guidata dall’abitudine?”.

Questi brevi racconti nascono con l’intento di interagire con noi, provando a stroncare quei tentativi che mettiamo in atto per pilotare qualcosa che ci è distante, come le parole dette o scritte da un altro, a forme e idee che appartengono alla nostra “comfort zone”.

Una sorta di manipolazione che tutti applichiamo, perché, anche a dispetto della più spiccata curiosità e audacia di pensiero, abbiamo sempre bisogno di tornare tra i nostri oggetti, tra i nostri spazi, alle nostre ataviche abitudini.

Un discorso che possiamo portare soprattutto in ambito sociale. Una nuova conquista, per quanto affascinante, è pur sempre qualcosa che ci mette in crisi, che ci fa ricercare in essa elementi che ce la facciano apparire non troppo lontana dalle nostre concezioni.

Cosa c’entra questo con l’hirameki? Be’, ponetevi davanti a un foglio composto da macchie di colore e noterete come la vostra mente farà balzare davanti ai vostri occhi le forme più familiari, come a creare una zona cuscinetto che non vi faccia naufragare nella “immediata e confusa libera interpretazione”.

Ho fatto questo esperimento e ho compreso meglio il libro di De Candia.

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