Dissociazione. Un inizio in cerca della fine

Articolo e foto di Martino Ciano già pubblicato per Zona di Disagio
Presenza senza memoria. Solo questo avrei potuto essere. Due punti d’inchiostro nero su un foglio bianco; due gocce di fango su una lastra di marmo. Le sue pupille erano così, ma lui le percepiva diversamente: ora immense come il mondo, ora minuscole come un granello di sabbia.
Lo vedete? È davanti allo specchio! Lui non sa chi è, ma sa che c’è.
Che cos’è questo? Non so, non chiedermelo, non potrei rispondere. In attimi silenziosi, quando anche il fruscio delle foglie si zittisce, la coscienza si spezzetta, il sé trasborda e finisce in vasi comunicanti. Comunicare è sinonimo di vita; parlare è panico che evapora. Eppure, le parole non si susseguono, il dialogo non c’è. Sei due in uno; l’uno non conosce l’altro; entrambi non sono né te né un altro. Sei nessuno. Logica è la sindrome che ti perseguita; crudele è questa assenza; ma tu sei davanti a uno specchio. Ti vedo come tu non puoi, ti riconosco come tu vorresti. Immobile come un grattacielo.
Lo specchio è la tua casa; il riflesso è il tuo guscio; sei ciò che hai isolato. Sei contraddizione, ossia più umano di tanti esseri umani. Tutta l’umanità è frutto di una dissociazione: non sa di essere.
Vorresti che un brivido ti portasse indietro,
a quando eri unico, coscienzioso,
a quando eri te e ricordavi nome e cognome.
Passa tutto; è solo un attimo. È un divorzio temporaneo, poi l’uno e l’altro saranno di nuovo insieme. Ah felicità… Luna di miele tra coscienze che partoriranno sciacalli; sciacalli che mangeranno le carogne delle idee e della memoria. Sarà come andare a un funerale senza sapere che il morto sei tu!
Sei tornato in te come una rondine in Primavera che trova riposo sempre nel nido che ha lasciato appena finita l’estate. Lungo viaggio il tuo, stancante, tanto da non ricordare chi resta e chi va. Non dirai niente di questi tuoi attimi; saranno solo oggetto del tuo scrivere quotidiano: una confessione occultabile, perché nessuno crede ai poeti o agli scrittori, figuriamoci a un pennivendolo.
Il potere della letteratura sta proprio qui, ovvero, che tutto sia forse sì, forse no, che tutto appaia poco attendibile, dissociato.
E ora svegliati!