La pace. Senso e dissenso
Articolo di Gianfrancesco Caputo
La seconda guerra mondiale non è stata una svolta per la storia della libertà dell’uomo, la trasformazione del mondo intesa come livellamento e omologazione è proseguita. Il senso dell’immane sacrificio consumato, delle migliaia di vite bruciate, non è ancora stato capito fino in fondo, e soprattutto non si è compiuto. Di conseguenza la cosiddetta “pace” che è seguita all’olocausto globale, si è imposta come una situazione in cui si sono concentrate e addirittura peggiorate le regole e le leggi della guerra, la mobilitazione totale del capitale finanziario e della tecnica è proseguita in modo ancora più pervasivo, arrivando a condizionare le falde più profonde dell’essere.
Non si è ancora realizzato il frutto dell’immane sacrificio mondiale conseguenza della guerra, non si è ancora realizzato il vero frutto, poiché esso può nascere solo dal patrimonio comune dell’umanità, ovvero dal suo spirito migliore, nobile e disinteressato, uno spirito che non pensa a se stesso e al proprio bene ma al bene comune, uno spirito che vive e muore per gli altri, che per gli altri si offre in sacrificio. Come non pensare che ciò non sia già avvenuto con le milioni di vite sacrificate durante il secondo conflitto mondiale, un enorme tesoro di sacrifici si è accumulato a fondamento della nuova edificazione mondiale: il sangue versato fu il dono incondizionato fatto da tutti anche dai più semplici, “nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici” (Gv 15,12-17).
Le due guerre mondiali e le guerre che attualmente percuotono il globo, non sono nient’altro che un’unica guerra civile di dimensioni mondiali, un unico grande sacrificio che pesa sulle spalle dell’intera umanità e che dovrà produrre il frutto da condividere. Nel frattempo l’unità del mondo, sotto l’egida della mobilitazione totale del capitale finanziario e della tecnica è stata compiuta, i confini delle nazioni rivestono sempre meno importanza, ma tale unità è ancora esclusivamente funzionale alla produzione e al profitto, al dispiegamento del progresso tecnico-scientifico che offre una visibile testimonianza della diffusione sul pianeta di un unico dominio della tecnica, di un’unica concezione precarizzata del lavoro, dell’assoluta assenza di limiti della produzione di materiali, della circolazione di merci e capitali, dello sfruttamento della vita, nonostante i confini nazionali che continuano ad essere imposti all’umanità.
Dunque la tendenza all’unità del mondo si è realizzata dal punto di vista della mobilitazione apocalittica, sotto forma di saldatura alla fiamma incandescente della guerra, ma sempre in modo funzionale alla diffusione della logica tecno-scientifica e della produzione; il mondo quindi è uno spazio unificato funzionale allo sfruttamento produttivo, non è ancora un’unica terra intesa come patria dell’uomo. Il senso di quel sacrificio compiuto nelle due guerre mondiali e in quelle attuali non è stato ancora colto e il suo frutto non si è potuto ancora sviluppare.
Pertanto, la pace è auspicabile solo se è espressione autentica del più nobile e disinteressato bene comune, ma se a prevalere sarà il ragionamento analitico-razionale in base ai principi della tecnica, la conclusione della guerra sarà solo apparente, essa si trasformerà in guerra civile, crescendo contemporaneamente la tirannia e insieme ad essa la paura, e in breve tempo matureranno nuovi fronti e nuovi conflitti, con una costante situazione di guerra civile planetaria.