Connessione in corso: IncontriAMOci

“Connessione in corso: IncontriAMOci” è un racconto di Simona Visciglia. In copertina: “Connettere la vita” immagine di Martino Ciano creata con l’intelligenza artificiale
Connessione in corso…
Accesso effettuato chat privata
(ospiti online: L., N.)
L.: Allora è deciso
N.: Sì, albergo prenotato
L.: Quindi ci vediamo giovedì alle 6 in piazza Verdi, davanti all’edicola
N.: Perfetto. Decidiamo già ora la parola di sicurezza? Un classico “Rosso”?
L.: Direi che va bene. Non vedo l’ora di incontrarti, lo sai.
Luca guarda la caffettiera sul fuoco. Alle sue spalle la moglie, seduta sullo sgabello di fronte alla penisola, legge distrattamente qualcosa sul cellulare.
«Ehi, ma non senti che è venuto su? Il caffè sta bruciando, spegni! E meno male che stavi lì a guardarlo».
Luca si gira con uno scatto repentino verso di lei, quasi si fosse appena accorto della sua presenza: «Ah, sì, scusa, è che…»
«È che hai sempre la testa altrove», addenta un biscotto, passando sul tavolo la mano per ripulirlo dalle briciole. «Stasera li porti tu i ragazzi agli allenamenti?» chiede con aria seccata.
«Non posso, te lo avevo detto che esco con mio fratello»
«Cristo santo! Ancora preso male per quella cretina che lo ha mollato?»
Luca versa il caffè in due tazzine e ne porge una alla moglie: «E che ci vuoi fare? Ci vediamo dopo il lavoro e poi ceniamo insieme da lui. Fammi il favore, ai ragazzi pensaci tu»
«Come sempre del resto» lo dice alzandosi e finendo di bere il caffè velocemente. Mentre va via, aggiunge: «Scappo, di’ ai ragazzi di sbrigarsi e almeno qui in cucina sistema tu».
Nina rimbocca le coperte a sua madre, le passa una mano sulla fronte, la donna apre gli occhi e la saluta con voce flebile.
Esce dalla stanza che sa di disinfettante e di sofferenza. Nel corridoio in penombra, infila nella borsa le ultime cose, indossa il trench e si affaccia sulla porta della cucina.
«Nadja, la mamma sta riposando. Per stasera siamo d’accordo? Puoi fermarti qualche ora in più, vero?»
«Tranquilla! Esci con fidanzato nuovo?»
Nina sorride, mentre la donna con movimenti curati si dà da fare tra le stoviglie e gli avanzi della sera prima.
«Macché fidanzato, chi ce l’ha il tempo! Esco con delle amiche, una cosa tra donne». Le fa un occhiolino, mentre stacca il cellulare dalla carica e lo infila in tasca.
«Divertiti! Sempre troppo da fare tu. A signora penso io. Bevi vodka con tue amiche, sicuro manda via i pensieri».
I palazzi storici che circondano la piazza hanno appena inghiottito la luce del sole.
Nei bar dai vetri appannati si sorseggiano aperitivi, un movimento vorticoso affolla l’ingresso della metro, il rumore del traffico è un sottofondo a cui nessuno fa caso.
Lei è già da qualche minuto davanti all’edicola, finge di dare un’occhiata a riviste che la gente oramai non compra più. Lui arriva di corsa, attraversando i portici; si ferma, si avvicina, le mette una mano sulla spalla con delicatezza. Lei si volta senza sorpresa e si guardano. Come in una scena di un film romantico, sembra che tutto all’improvviso si fermi o addirittura scompaia. Si protendono l’uno verso l’altra e allo stesso tempo indietreggiano, quasi dondolando in una bolla di indecisione. Poi si abbracciano.
«Eccoci! Ci diamo anche la mano per presentarci per bene?»
Ridono entrambi.
«Sei davvero bella, Nina. Cioè, lo sapevo, ma dal vivo sei perfetta» le dice guardandola dritto negli occhi.
«Anche tu non sei male, Luca» risponde lei, accarezzandogli il viso, senza quasi toccarlo.
«Sei nervosa?» le chiede, prendendole la mano e chiudendola nella sua.
«No…Ma beviamo lo stesso qualcosa prima di avviarci»
«Per rompere il ghiaccio» che non è una domanda.
Davanti a uno spritz, finiscono di studiarsi a vicenda.
«Pensavo fossi un po’ più alto», «Non mi avevi detto che fai le fossette quando sorridi», «Quindi gli occhiali non li porti sempre», «I capelli sembravano più scuri nelle foto».
È già buio quando escono dal locale, l’umidità è quasi visibile nei coni tremolanti di luce disegnati dai lampioni sulle strade.
«Hai freddo? Andiamo in taxi, anche se l’albergo non è distante, vuoi?»
Luca prende il cellulare dalla tasca posteriore dei jeans per chiamare e guarda le notifiche.
Lei abbassa la testa, le mani in tasca, sente il suo cellulare vibrare per un messaggio.
«Devo rispondere» gli dice, schiarendosi la voce.
«Sì, anche io. E poi chiamo il taxi».
Al check-in entrambi si scoprono a sbirciare l’uno il documento dell’altra. Poi, con passi misurati, si dirigono verso la camera, al secondo piano di un palazzo anni Settanta.
In ascensore, i loro sguardi cambiano: si illuminano del desiderio che conoscono bene, di cui hanno scritto per mesi.
Lei si umetta le labbra, lui gliele sfiora con il pollice, in un movimento al rallentatore.
Davanti alla porta, restano un attimo come bloccati. Lui cerca il consenso negli occhi di lei, che gli fa cenno di sì con la testa, senza aggiungere altro.
Il rumore della maniglia è come un’esplosione improvvisa, nel silenzio del corridoio tappezzato di rosso cardinale.
Dentro c’è odore di altre vite e di moquette appena pulita.
«Lasciamo una luce accesa» dice lei, mentre si sfila il trench che ha assorbito l’aria della sera.
Lui guarda fuori dalla finestra e tira le tende, a coprire completamente i vetri che danno su una stradina secondaria. Poi si toglie il giaccone, lo lascia cadere senza cura sulla poltrona di velluto damascato.
Si ritrovano l’uno di fronte all’altra, le parole chiuse fuori dalla stanza, un dialogo interrotto lasciato ai corpi.
La mano di lui scivola sul braccio di lei che con un movimento impercettibile prende le distanze, un lieve allontanarsi pur restandogli vicino.
Poi è lei a fare un tentativo: gli prende la mano e la accompagna sul suo collo, sente pulsare la vena sotto il calore delle sue dita.
Lui stringe, ma poi molla la presa, con lo stesso automatismo con cui lei un momento prima si è divincolata.
E allora Nina si siede sul bordo del letto, con un’ombra di delusione che si traduce in movimenti lenti e impacciati.
Luca si inginocchia davanti a lei, le posa le mani sulle ginocchia avvolte dai collant neri, e le sussurra: «Non doveva andare così, c’è qualcosa che non va, lo senti anche tu, no? E adesso, che facciamo?»
Lei gli accarezza i capelli, come si farebbe con un bambino. Poi prende il cellulare, lo sblocca e, con il viso rischiarato dal display, gli dice: «Quello che sappiamo fare meglio».
Connessione in corso…
Accesso effettuato chat privata:
N: Allargherei le gambe, mentre tu faresti scivolare il frustino lungo le mie cosce.