Conforto in “La Minore”
Articolo e foto di Martino Ciano
Momento: ascoltando The day is my enemy dei The Prodigy….
Signore vieni a salvarmi, perché ho qualcosa sotto la lingua che cambia la mia pelle, e come la punta di un chiodo che stride su una sbarra d’acciaio, lascia una scia di dolore che mi accarezza.
Signore vieni a salvarmi, che l’umana ingordigia si affaccia nell’anima anche quando la fame sparisce e lascia spazio a una gioia anoressizzante, e tu sai che la carne è debole proprio perché marcisce, e la fame partorisce allucinazioni.
Quando io fuggii dalla gabbia della carne, accecato dalla luce della Sua voce acida, io mi abbandonai in un ballo violento. E ricordo gli spasmi, il gonfiore degli occhi, lo sguardo dilatato che ingrassava tutte le emozioni. E le cose che toccai, e le bocche che baciai, e i piedi che annusai, altro non erano che assenze e deformazioni. E quando tornai tra la carne e la materia, io non ero che un grido di sollievo, un sospiro tormentato… Sia fatta la tua volontà ora che mi è impossibile riconoscere la mia.
Quando ero bambino ruggivo tra i campi incolti. Tra rigagnoli di melma, vicini ai quali mosche e zanzare trovavano rifugio. Mi appostavo per prendere a sassate i porci che se ne stavano chiusi in circa trenta metri quadri di fango. E il loro grugnire spaventato rendeva me sereno, e io già immaginavo il momento in cui qualcuno li avrebbe fatti a pezzi per divorarli meglio.
Ma di nulla si accontenta l’uomo, ché misteriosi sono il bene e il male e nessuno immagina quanto l’uno sia simile all’altro. Così io mi sono nascosto ai loro occhi, fin quando ogni effetto non è svanito. E bestia a sangue caldo mi sono ritrovato, ma con le ossa incandescenti, disciolte, tant’è che sono qui disteso, immobile, in un corpo, in uno spazio, in un tempo, senza volontà.