Come l’arancio amaro. Palminteri e la Sicilia secondo i suoi tempi

Come l’arancio amaro. Palminteri e la Sicilia secondo i suoi tempi

Recensione di Letizia Falzone. In copertina: “Come l’arancio amaro” di Milena Palminteri, Bompiani, 2024

“Io dell’arancio amaro conosco solo le spine e ormai non mi fanno più male. Ma il profumo del suo fiore bianco è il tuo, ed è quello della libertà.”

Chissà se i libri possono emanare un profumo? E non mi riferisco all’odore della carta, quello è quasi ovvio! Parlo dei profumi contenuti in una storia. Perché se così fosse, questo romanzo odorerebbe di sole, di salsedine e di agrumi, di amore, di disprezzo e di mare, di solitudine, di intrighi e di quella Sicilia che fu e forse è ancora oggi.

Siamo nella Sicilia degli anni Sessanta, ma anche in quella del Ventennio. Carlotta, trentaseienne, è il filo conduttore del romanzo. Cresciuta in una famiglia nobile, i Cangialosi, non ha mai sviluppato un rapporto d’amore con la madre. Questo sentore che non sia solo colpa sua diventa verità quando Carlotta trova un vecchio documento all’Archivio notarile di Agrigento dove lavora. Nonostante abbia studiato legge infatti, dietro consiglio e spinta dello zio Pippino, Carlotta si è ritrovata a lavorare come impiegata statale. Non che fosse la sua scelta, ma nel 1947 nei tribunali siciliani ancora si pensava che una donna non potesse essere avvocatessa.

Carlotta inizia così una ricerca di informazioni su quello che era successo e sul significato di quell’atto che ha trovato. La nonna paterna aveva denunciato la madre di Carlotta accusandola di non averla partorita, ma comprata. E qui inizia il filo di due storie: “Senza famiglia”, che segue la storia di Carlotta negli anni Sessanta alla scoperta delle sue origini; e “La storia quella vera”, che segue invece l’evoluzione della famiglia Cangialosi e di come Carlotta sia venuta al mondo.

“La storia quella vera” ci fa incontrare altre figure femminili e predominanti attraverso tutto il libro. Troviamo Nardina che sposa Carlo Cangialosi, ma che non riesce a rimanere incinta. Sabedda che da umile serva non può permettersi di mantenere il figlio che porta in grembo, ed è Bastiana, madre di Nardina, che con l’aiuto di don Calogero, mafioso, organizzano un piano scellerato che porterà le vite delle donne protagoniste di questo libro ad intrecciarsi.

Le tre protagoniste sono donne ribelli per carattere, per istinto, ma Milena Palminteri non commette l’errore di disegnarle come femministe in anticipo sui loro tempi. Tutte e tre devono piegarsi ad accomodamenti, devono sacrificare una parte importante di sé, accontentarsi di ciò che si può, di ciò che è permesso, di ciò che nel silenzio e nella menzogna riescono a ottenere.

Vite rabberciate, amare; ribellioni consumate nel silenzio, nelle azioni compiute in segreto. Il romanzo è interessante proprio per l’aderenza alla realtà dell’epoca in cui ciascuna delle tre donne è chiamata a rinunciare a ciò che vorrebbe per piegarsi a ciò che la società richiede e impone.

“Come l’arancio amaro” ci accompagna in una Sicilia soleggiata e arida, trascinandoci quasi a forza nella vita dei suoi abitanti. Tra Agrigento e Sarraca, seguiremo questo nugolo di personaggi, scopriremo gli intrecci che li legano e ascolteremo i loro segreti.

Saremo spettatori consapevoli di quella che è una grande storia; una storia che si dipana lungo quarant’anni di vita e che sconfina sino a “la Merica”, laddove tanta gente trovò rifugio dai propri peccati. È un romanzo che accoglie, avvolge e coinvolge il lettore sino a non lasciarlo più libero di respirare, bramoso di sapere come i fili si intrecceranno tra loro.

“Come l’arancio amaro”, con i suoi frutti asperrimi, è l’arbusto più fecondo su cui innestare i dolcissimi sanguinelli, così questo libro mette in scena il dramma eterno del corpo femminile sottomesso, usato, colpevolizzato eppure portatore dell’immenso potere di sedurre e di generare. Il dialetto, centellinato, dosato con cura, rende ancora più vera questa storia.

I personaggi risultano vividi e reali, talmente tanto che si ha la sensazione di poter allungare una mano per far loro una carezza. Non c’è una parola fuori posto in questa storia, non un tassello che non vada dove debba andare. Tutto trova una sistemazione, ogni situazione avrà la sua risoluzione, solo quel vuoto nel cuore di Carlotta pare non debba trovare quiete.

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