Uomini di mezzo

Uomini di mezzo

“Uomini di mezzo” è un articolo di Martino Ciano. In copertina un’immagine creata con l’intelligenza artificiale

Noi siamo gli uomini di mezzo: posti a metà del baratro, tra capire e fingere, tra silenzio e grida assordanti strozzate dal clamore dei balordi. Resta il tempo della dissoluzione. Ognuno vuole morire eroe, solo qualcuno vuole scomparire senza essere ricordato.

«Facciamoci saltare in aria. Portiamo via con noi l’umanità che passeggia disincantata in cerca del momento di gloria».

Kamikaze, mio kamikaze, nessuno sente questa autodistruzione che abbraccia con ambo gli arti superiori, per poi fare scivolare le mani sul collo. Ora, ascolta questa preghiera: il figlio tende al Padre, ma il Padre disprezza il figlio. Ha gettato sulla Terra il Figlio dell’Uomo per farne tribolazione. Si è evirato e mai più procreerà.

Uomini di mezzo, cos’è un nome? Cosa c’è di peggio di un cognome? Preme un’etichetta sul cuore. C’è impressa una data di scadenza invisibile agli occhi, ignota a chi la porta e a chi l’appiccica sulla pelle. Incita al godimento, all’avventura, al presenzialismo. È come un cerotto che rilascia insulina e morfina. Provoca una allucinazione chiamata realtà. Ascendere per tornare senza pelle e carne al cielo inviolato. «Dio esiste, tutto è concesso».

Marana thà: ma il Signore non è mai più venuto ad aprire la porta della sua dimora. Bussiamo e mai ci stancheremo di farlo. Ma lui si è barricato dentro, nella stanza dell’Eden neanche le vergini entreranno più.

Inferno ci prese mostrandoci i seni, ballando nudo davanti ai nostri occhi, strappandoci le palpebre come petali di margherita. Ci hanno detto che mai moriremo, poi ognuno di noi si è fatto a pezzi ed è scomparso, a decomporsi in un unico delirio. «Coro dannato di amore e di pace, chi è il migliore del reame?».

Uomini di mezzo, che occhi ha il creato? E ha una voce il Signore? C’è qualcosa al di là del sogno che spezza le catene del reale per unirci all’increato? Oppure è un incesto la volontà di esistere? Nessuno risponderà. Non interessano più le parole e le disquisizioni. Compreremo i nostri figli. Li progetteremo e li programmeremo secondo la regola della domanda e dell’offerta. Marinetti ha vinto, velocità e autarchia, superomismo ed esistenza illimitata. L’uomo ha partorito sé stesso: Mafarka non è più utopia ma svelamento. Ora solo l’illuminazione per pochi adepti conta: scoprire le colonne della distruzione, salvare il meglio, distruggere il peggio. La morte ancora esisterà per molto tempo.

Uomini di mezzo, la pietà ha scelto di migrare. Ogni cosa ha un prezzo, anche banale, persino minimo, ma pur sempre fa sentire la sua forza. È così che si può garantire la riproduzione dei migliori, ossia non dando peso all’inflazione, al costo del denaro. Ha senso l’economia di guerra. Ha un valore il kit di sopravvivenza. La prova ontologica del fallimento è qui. La specie umana ha cambiato volto: è un insieme di plastica e reagenti chimici. Esemplari al silicone.

«Ha vinto il mio dolore, ma sono riuscito a nasconderlo in me. Non vi ho disturbato, sono andato via in silenzio.», dice un uomo davanti al cappio, prima di lasciarsi andare. Tutto intorno a lui dondola, mentre pende.

Uomini di mezzo, salviamoci, proteggiamoci l’uno con l’altro. Restiamo uniti nella fine, nell’estinzione. L’umana commedia sta finendo. Il sipario sta calando.

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