Michel Houellebecq, Sottomissione, Bompiani

Articolo a cura di Gianfrancesco Caputo – Inedito

Il plurirecensito e ormai famosissimo romanzo di Michel Houellebecq “Sottomissione”, edito in Italia per i tipi della Bompiani, è stato al centro di polemiche ed accuse di “islamofobia”, probabilmente per la descrizione fatta dell’islam quale religione di gloria e conquista.

Tuttavia a prescindere dalle disquisizioni sulla presunta o vera natura pacifica della religione fondata da Maometto, ciò che colpisce durante la lettura del libro di Houllebeq è qualcosa di diverso e più sottile: un sentimento di attesa si insinua nella mente di chi legge creando quasi una “suspense” una nebbia che gradatamente si dirada facendo capire, lentamente ma inesorabilmente, il vero “leitmotiv” del romanzo.

Il protagonista è un uomo tipicamente occidentale, laico, ordinario, disilluso, svuotato di ogni passione, eppure con un barlume di spirito che lo spinge ancora verso la ricerca di un indefinito ideale umano. In questa fase di sopravvivenza di vita intellettuale, al protagonista si presenta il pensiero forte dell’islam, con le sue regole, il suo ordine, la sua gerarchia umana e valoriale, ma soprattutto si manifesta un’idea sconvolgente, eccessiva per un occidentale, sovversiva ma allo stesso tempo restauratrice: l’idea di sottomissione.

Cosi ce la descrive Houllebeq: “è la sottomissione, l’idea sconvolgente e semplice, mai espressa con tanta forza prima di allora, che il culmine della felicità umana consista nella sottomissione più assoluta.”

Ecco il centro della riflessione di Houllebeq, dunque, non la bontà o meno da un punto di vista teologico di una religione, ma la religione come ideologia a sostegno di una idea di sottomissione che diventa concetto prima morale, poi politico, infine obbligo giuridico.

L’idea di sottomissione, travalicando la religione quale “instrumentum regni”, è un concetto veicolabile ed utilizzabile da qualsiasi teoria politica che esprima una teoria del potere, infatti il libro induce ad una continua riflessione sulla natura del potere.

Nel suo “Dialogo sul potere” Carl Schmitt tratteggia in maniera quasi feroce la riflessione sulla natura del potere cosi come fa Houllebeq in “Sottomissione”: “Solo in quanto esistono uomini che obbediscono ad un altro uomo, un uomo ottiene il potere. Nel momento in cui non gli obbediscono più, il potere cessa di essere”.

Molto giusto. Ma perché obbediscono? L’obbedienza non è volontaria ma in qualche modo motivata. Perché gli uomini approvano il potere? In alcuni casi per fiducia, in altri per timore, talvolta per speranza o per disperazione. Comunque cercano sempre protezione e si aspettano questa protezione dal potere. Per gli uomini come li abbiamo fin qui considerati il legame tra protezione e obbedienza resta l’unica spiegazione del potere. Chi non ha il potere di proteggere qualcuno, non ha neanche il diritto di pretendere da lui obbedienza.

E al contrario: “chi cerca protezione e l’accetta, non ha il diritto di negare l’obbedienza.”

Gli uomini cercano protezione in cambio di obbedienza quindi sottomissione, è questa la vera natura del potere

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