Cristò, Restiamo così quando ve ne andate, TerraRossa Edizioni
Recensione a cura di Martino Ciano – già pubblicato su Gli amanti dei libri
Secondo TerraRossa Edizioni questo libro colpirà maggiormente i lettori che amano William Burroughs e Guido Morselli, due autori così distanti tra loro, ma che per me hanno rappresentato tanto. Allora, seguo il consiglio e inizio a perdermi tra le righe. Le seguo con interesse, perché voglio trovare le similitudini con questi scrittori, ma scoprire anche lo stile di Cristò; e, man mano che proseguo, sento che mi trovo davanti a un romanzo particolare, coraggioso e innovativo. Insomma, un piccolo miracolo.
In Italia la letteratura è diventata un passatempo. Tanti scrivono, pochi leggono; tra questi, molti non sanno ciò che scrivono, tantissimi non sanno ciò che leggono, ma tutti credono di essere ottimi lettori e formidabili scrittori. Come uscire da questo pastrocchio? Semplicemente, accostandosi a libri come Restiamo così quando ve ne andate. La letteratura non salverà il mondo e, fidatevi, neanche la bellezza è in grado di farlo. Leggere non fa di noi dei supereroi, ma ci rende solo consapevoli di essere inconsapevoli di ciò che ci circonda. Il punto di vista di uno scrittore, che si manifesta attraverso la sua opera, è sempre degno di attenzione, ma soltanto in alcuni casi ci offre degli spunti di riflessione. Quello di Cristò penetra perfettamente nella coscienza del lettore. Non è semplice rendere collettivo il dramma esistenziale di un personaggio. L’autore pugliese, invece, riesce anche in questo.
Nel periodo dell’adolescenza non cambia solo il nostro corpo, ma anche la nostra coscienza. Durante questa fase, oltre agli attacchi di sudore e a puzzare più del solito, una voce interna comincia a chiederci se vogliamo accettare senza remore le regole sociali, o se vogliamo obbedire ciecamente a ciò che essenzialmente siamo. Poi, con il tempo scopriamo che questo dilemma ci perseguiterà per tutta la vita e che, purtroppo, mai riusciremo a scegliere davvero. Ma non finisce qui, addirittura, potremmo scoprire che da circa tremila anni, tale quesito è tema di dibattito tra i filosofi… Ente e Essere, Rettorica e Persuasione vi ricordano qualcosa?
Ed ecco Francesco, protagonista di questa storia. Ha superato i quarant’anni, lavora in un supermercato, ma vorrebbe essere un musicista. Suona il pianoforte e ha bisogno di ispirazione per partorire la sua creatura; ispirazione che a volte trova nell’hashish, a volte in Monica, a volte nella giovanissima vicina di casa indiana Fatima. Come ho scritto sopra, vorrebbe essere un musicista, perché questa volontà si manifesta a fasi alterne, mentre le altre sono riempite dall’apatia; apatia che trascina Francesco in ricerche compulsive di nozioni inutili su internet, o in masturbazioni mentali che restano lì, tra le mura del suo appartamento nel quale si è segregato, tagliando anche i rapporti con il padre, che per lui aveva altri progetti.
Ebbene, anche se ha più di quarant’anni, Francesco deve ancora scegliere se vuole essere o se vuole apparire, se vuole accontentarsi del suo lavoro o se vuole inseguire il suo sogno. Vero è che a un certo punto sceglierà; vero anche che non scompariranno le titubanze, perché, a furia di non decidere, la vita lo ha incastrato.
Resta il fatto che questo romanzo è capace di entrare nel cuore del dilemma dei dilemmi, nonché nel dramma dei drammi che l’uomo si porta fin dalla nascita. Cristò ha saputo unire volontà di annientamento con volontà di esistere, usando l’ironia come ponte tra l’ottimismo e il pessimismo. Dal punto di vista stilistico siamo davanti a una scrittura innovativa, capace di far dar voce anche ai muri… e non sto scherzando. Difficile trovare una pecca in questo libro che sa di passione e di meticolosità, qualità necessarie ma sempre più rare in chi vuole fare letteratura e non semplicemente parole.