Malapace. Francesca Veltri e il “carcere della vita”

Malapace. Francesca Veltri e il “carcere della vita”

Recensione di Gianfranco Cefalì

Francesca Veltri sa costruire storie, sa narrarle e soprattutto scriverle. Un piccolo episodio vi farà capire che il suo essere narratrice e scrittrice viene da lontano. Ho avuto il piacere di assistere a una sua presentazione, il suo esordio letterario con la narrativa. Sì perché lei è anche una apprezzata saggista. Il libro in questione era “Edipo a Berlino”, in quell’occasione raccontava che aveva iniziato a pensare e poi a scrivere il suo romanzo all’età di quattordici anni, un tomo che alla fine si rivelerà di quattrocento pagine. No, non ci ha messo così tanto per scriverlo ed è normale che di quella versione sia rimasto poco o niente. Io a quattordici anni stavo pensando alla musica, il mio primo amore. Sì, ero sicuramente intento a imparare gli accordi sulla mia prima chitarra. È inutile che vi dica che chitarrista non lo sono stato e non lo sono mai diventato, mentre Francesca Veltri è diventata una scrittrice, e anche molto brava.

L’autrice ci porta in un lungo viaggio a cavallo tra le due guerre mondiali, lo fa attraverso gli occhi di François, il protagonista della storia. Potreste pensare di trovarvi all’interno del “solito” (lo metto tra virgolette, non vorrei mai scatenare le ire dei più sensibili) libro che parla della Seconda guerra mondiale, con il personaggio del deportato e con una storia cruda e malinconica che parla della prigionia e degli orrori della guerra. È un libro di ambientazione storica? Sì, inevitabilmente, mi sembra di essere stato chiaro. Potrebbe essere letto cambiando il contesto? Sì, questa è una delle caratteristiche forti di questo romanzo.

L’ambientazione in questo caso serve ad accentuare il vero fulcro attorno a cui ruota il libro, ovvero: il dilemma.

Se infatti non si sente il bisogno di porsi delle domande circa il contesto storico, che tra l’altro visto il curriculum dell’autrice appare ben affrontato, sarà il protagonista a porsi delle domande e in conseguenza di questo saremo noi stessi che ci porremo le stesse questioni che attanagliano il protagonista. Una volta rinchiuso in carcere e dinanzi un suo vecchio amico sarà costretto a fare i conti non solo con la società, con gli uomini, con gli ideali, ma dovrà ripensare soprattutto sé stesso.

L’espediente della carcerazione infatti è il pretesto per far rivivere al protagonista la sua intera vita, rivivrà la sua giovinezza, l’adolescenza, la maturità e avrà modo di scavare in tutti quei dubbi che hanno alimentato la sua vita. I suoi dubbi non sono solo di natura politica e sociale, non riguarderanno solo le scelte fatte nella vita e che alla fine lo hanno portato in carcere, ma sarà tutta la sua vita, tutte le sfere della sua esistenza a essere messe sotto una profonda indagine.

Una domanda a cui siamo chiamati a rispondere la troviamo già nella quarta di copertina: “… era che la pace andasse difesa a ogni costo. Quello non poteva essere sbagliato, no?”. Questo tipo di domande travalicano il confine dei vari contesti e dei generi per farsi assolute, per richiamarci all’estremo, all’osso, scorticate tutte le pelli della retorica rimane la semplice e diretta assunzione di responsabilità, ci mettono davanti alle nostre scelte e alla nostra intera vita.

Non è un semplice romanzo storico, è qualcosa di più profondo, più ricercato, un libro con fondamenta solide e una spiccata propensione alla riflessione.

La scrittura di Francesca Veltri è asciutta, funzionale alla storia che narra, non ha bisogno, anche se non disdegna a tratti di elevarsi, di farsi bella solo per mostrarsi, di ammiccare al lettore riempiendogli la testa di architetture strane, è una scrittura utilizzata con sapienza, costruita intorno alla storia, che scandisce il ritmo in modo molto preciso e scorta il lettore fino alla fine della lettura.

Un libro davvero intenso, maturo, che riesce a ruotare sia sulla scrittura che sulla trama, un romanzo che mi ha sorpreso per la sua storia per nulla banale e scontata, per questo suo modo di raccontare che sa essere equilibrato e ispirato allo stesso tempo. Un’autrice che con questa opera dimostra di essere un’interessante presenza nel panorama editoriale italiano, una scrittrice dalle grandi potenzialità e un bel senso narrativo, che almeno in questa storia riesce a unire il romanzo a carattere storico con la complessità e l’universalità della grande letteratura.

*Francesca Veltri, Malapace, Miraggi, 2022

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