Ho sognato la mia terra. Gervasi tra amore e autocritica

Ho sognato la mia terra. Gervasi tra amore e autocritica

Recensione di Martino Ciano. In copertina: “Ho sognato la mia terra” di Giuseppe Gervasi, Vintura edizioni, 2025

Da diversi anni, una poesia di Giuseppe Gervasi scandisce le domeniche di Border Liber. Da questa collaborazione è nata la nostra amicizia fondata sul reciproco riconoscimento di essere figli della stessa terra: la Calabria. Riconoscersi figli vuol dire incarnarne pregi e difetti, elementi identitari positivi e negativi, essere tanto malattia quanto medicina del luogo nel quale si vive.

Nelle poesie di Giuseppe ci sono sempre stati due elementi fondamentali: amore e autocritica. Lui non si tappa gli occhi e attraverso le parole non fa sconti. Eppure, il suo “dire” non è mai scontato, tantomeno ferisce, ma delinea con chiarezza ogni particolare.

“Ho sognato la mia terra” è quel percorso che Giuseppe traccia tramite i suoi pensieri. Non si pone come un turista, bensì come un viaggiatore che accoglie diversità e affinità sotto la sua pelle. Attraverso ciò, si sente parte di questa terra piena di contraddizioni, di una Storia e di una bellezza che tutti “citano” senza averne spesso reale consapevolezza.

Il suo cercare tra mari e monti è sospinto da un animo che sogna e che proprio nella dimensione onirica rielabora ogni elemento. Ma non c’è la pedanteria del già detto, perché non c’è poesia che possa salvare la Calabria, così come il mondo intero; piuttosto si immortalano le cose perse che navigano nella malinconia, con la speranza che altre non facciano la stessa fine.

Nell’itinerario di Giuseppe, la Calabria non è un luogo su cui bisogna troppo ragionare. Si presenta senza veli fin dall’inizio. Colpisce per la sua bellezza e per la sua asprezza. Chi la attraversa riconosce la ricchezza della sua storia e ne trova i particolari negli atteggiamenti della sua gente.

Non v’è un popolo, ma tante comunità; non vi sono borghi, ma paesi; non vi è una sola religione, ma un intreccio di fedi che convivono nel nome di una comune rivelazione. I calabresi sono lì, in cerca di una redenzione. Il loro agire è però sempre rallentato da un latente senso di colpa.

Ciò fa di “Ho sognato la mia terra” un libro che si pone nel mezzo di uno dei dilemmi più difficili da sciogliere: “essere o non essere?”. Ed è proprio questo interrogativo, che racchiude in sé tutti gli altri, che spinge ciascuno a decidere se “restare o partire”, se “amare o odiare la propria terra”, se “recidere ogni legame o portare con sé un pezzo di Calabria”.

I versi di Giuseppe si inquadrano in questo dialogo sempre vivo e attuale dal nord al sud della Calabria. I sogni dell’autore di Riace, quindi, incarnano le aspirazioni di tutti coloro che con la bellezza e la crudeltà di questa regione ci convivono.

 

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