Un bacio e un graffio: Di Schiena e la sua poesia

Poesie di Vincenza di Schiena. In copertina: “Un bacio e un graffio”, Ensemble, 2023
Potrei morire in queste ore.
Sulla terra carne e ardore
Nell’altrove solo parole
sentinella dell’amore.
Vi lascio il cuore ritrovato
in un boato.
Ricordatemi per i baci e l’incarnato.
Rosa di disperazione
Quando non puoi camminare scrivi
Quando non puoi scrivere canta
Quando non puoi cantare balla
Quando non puoi ballare pedala
Quando non puoi pedalare leggi
quando non puoi leggere inventa
E quando inventi bacia.
Bacia e profuma di pepe rosa.
Rimuovi l’asfalto versato sul cuore,
la pece che ha inquinato l’amore,
ridotto un seno.
Porta a galla la sottile intimità
Ritorna all’ecologia del piacere.
Desiderio
Voglio coprirti di baci
di parole miste al silenzio.
Voglio accarezzarti con la cura di una marmotta.
Voglio succhiarti come si fa col calippo.
Voglio farti godere come un angelo ribelle
Come gli adolescenti in sella alla Vespa
Come due equilibristi scoperti ad amarsi
su un filo d’acciaio teso nel cielo.
Chi è Vincenza Di Schiena, autrice di “Un bacio e un graffio”?
Vincenza Di Schiena (Andria, 1975), insegnante, con un lungo trascorso di impegno civile, sociale e culturale nel suo territorio. Sue poesie sono state pubblicate su “Verso libero”, “Collettivo Culturale TuttoMondo”, “Limina Mundi- Per l’alto mare aperto”, “Circolo Letterario Vento Adriatico”, nell’antologia “Transiti poetici” e nella “Piccola Antologia Civile ‘Giustizia è poesia’” a cura di Elisabetta Stregapede e Pasquale Vitagliano. L’ultima recensione è a firma di Federico Migliorati sulla rivista L’Ottavo nel numero di novembre 2024
Pubblichiamo la postfazione di Pasquale Vitagliano a “Un bacio e un graffio” di Vincenza Di Schiena
Quante strade deve percorrere un uomo prima di essere chiamato uomo? canta Bob Dylan. Quante strade deve percorrere una donna prima di essere chiamata donna? Anzi, quante poesie deve scrivere una donna prima di essere chiamata poeta? Ho scelto il tormento, il filo spinato/per adorare chi non è nato/ dentro me. Per Alberto Moravia di poeti ne nascono tre o quattro soltanto in un secolo. E quante sono le poete in un secolo? Rientrano nello stesso (soggettivo) computo? Ribaltando il piano, è la poesia che, più di ogni altro linguaggio e forma di espressione, misura l’emancipazione delle energie più vitali della storia e la nascita di una civiltà. La poesia scrive la carta costituzionale di un mondo nuovo. Giuro sulle mie trecce/ (…) Sta arrivando una nuova stagione/ la mia, piccola luce nomade.
La poesia nuova oggi è, molto spesso, poesia femminile. Ed in modo inverso, una rigenerata e consapevole identità femminile ha trovato nella poesia la lingua più naturale, chissà, addirittura, la più diretta. Si potrebbe dire che le streghe sono tornate. Non si paventa più una minaccia per giustificare discriminazioni e persecuzione. Mi riferisco all’interpretazione antropologica – purtroppo ancora poco nota – di Giorgio Galli, il quale intravede uno stretto legame tra avanzamento delle libertà e della democrazia e l’affermazione dei diritti femminili e di genere. La poesia d’esordio – momento splendido di annuncio e di ripartenza per chiunque vi partecipi – di Vincenza Di Schiena è un esempio perfetto di questo approdo inderogabile seppure provvisorio. Tieniti lontana prendi pace./ Non tutte le persone sono luoghi e non tutti i luoghi sono cari./ Lo spazio azzurro che cerchiamo/ è la pagina di quaderno vuota. Questa poesia ha una propria forza tranquilla, è pacifica ma non rappacificata, è priva di rancore e di risentimento, ma non evita il corpo a corpo con l’arcaico-maschile, anche quello che si porta dentro (come per ogni donna).
L’incontro-scontro di genere è anche un confronto di civiltà e la lingua poetica risente acutamente del ritmo e delle dissonanze di questo ballo, che oscilla tra neo-erotismo e idioletto indi e di genere. Come accade nelle vicende storiche, anche questa aurora talvolta è una luminosa messinscena. La parola erotica spesso si oggettivizza fino ad alienarsi (pur essendo esplicita ha bisogno di una qualche tutela intellettuale, magari, per ironia della sorte, maschile) e il corpo è pura carne (ri)prodotta (perché del sesso ne fa una parodia). In modo analogo, l’idioletto si allontana dalla lingua per diventare gergo performante per reading festivalieri. La Di Schiena evita entrambi gli scogli. Dimostra, invece, di possedere l’umiltà necessaria per comprendere di essere parte di un flusso che viene da lontano. E questa consapevolezza la legittima, erba tra le piante, ad essere coltivata e a coltivare nella serra della parola e della storia. Vi lascio il cuore ritrovato/ in un boato./ Ricordatemi per i baci e l’incarnato. Questa poesia possiede una cosciente leggerezza che ci fa sentire come nuova persino la rima, usata con divertita (ma non inutile) ironia.
La poesia femminile non è nata con i reading. Né la poesia erotica sulla bocca delle donne può essere tacciata per ciò stesso come inedita, scandalosa o identitaria. Non mi ralegra fior né foglia scrive nel Duecento l’Allegra Donzella, la prima poetessa della letteratura italiana. Sappiate che avrei gran voglia/ di avervi in luogo di marito/ ma dovete di giurarmi sulla vita/ di fare solo tutto ciò che voglio, mentre la Contessa Di Dia tocca il vertice della spregiudicatezza. Non posso dire cosa verrà dopo “Un bacio e un graffio”, raccolta di esordio dalla poesia di Vincenza Di Schiena, sento forte, però, la presenza fisica e intellettuale di un’intera civiltà letteraria, nella quale lei entra con piena cittadinanza e con la responsabilità di portarne il suo pezzo di eredità. Noi due tra le rovine/ sospesi nell’aria di dicembre/ uniti solo nei sessi./ Persino Caravaggio guardandoci dal basso/ ci avrebbe immortalato/ Tutto eccitato.
Quante strade deve percorrere una donna prima di essere chiamata poeta? La risposta già soffia nella poesia.