Il teorema di Pitagora. Paolo Zellini e la geometria della Giustizia
Recensione di Martino Ciano. In copertina: “Il teorema di Pitagora”, Paolo Zellini, Adelphi, 2023. Articolo già pubblicato per Gli amanti dei libri
C’è qualcosa che abbiamo dimenticato man mano che la “forza prevaricatrice della tecnica” ha preso il sopravvento e ci ha condotto in una lotta senza quartiere contro la natura. Troppi ignorano ancora che, un tempo, matematica e geometria hanno avuto funzioni spirituali e metafisiche, attraverso cui Cielo e Terra dialogavano.Il teorema di Pitagora, secondo il matematico Paolo Zellini, ne è un esempio lampante e questa lettura ad “ampio respiro” non era poi così segreta, ma è stata ripresa da matematici e scienziati di ogni epoca, come ad esempio hanno fatto Cartesio e Leibniz, giusto per citarne qualcuno.
Eppure, l’uso puramente razionale di tali discipline ha seppellito millenni di tradizione, di sapere filosofico; tutto è stato etichettato come superfluo, addirittura superstizioso. Zellini invece ci porta alle origini, a quella geometria che era ricerca dell’equilibrio, a quelle formule che erano enunciazione di Giustizia e scoperta della discrasia universale, che tale ci appare, e che i numeri rendono leggibile.
Pitagora, ma prima ancora la matematica vedica e babilonese, hanno dato inizio a ciò che poi si è dilungato nel tempo; ogni cosa si è perfezionata o è apparsa facilmente interpretabile, ma non per questo ci si è fermati, perché una parte del tutto è sempre rimasta misteriosa, sfuggente, incomprensibile.
La forma è visione concreta; il suo studio è immersione nel caos. La scienza dell’infinito, ossia la matematica, fa i conti con Giustizia e Necessità e tutto resta ammirabile. Poi ogni materia di studio ha preso strade diverse; la metafisica, il Cielo, non sono stati più “argomenti scientifici”. Eppure, alcuni matematici preservano e preservarono certe dottrine, rifacendosi a Pitagora e a Euclide.
All’inizio del Novecento, con la crisi delle scienze e delle certezze che con tanta fatica avevano seminato, e che coinvolsero anche la matematica, ecco che quel semplice e intuitivo teorema, secondo cui “in tutti i triangoli rettangoli, l’area del quadrato costruito sull’ipotenusa è uguale alla somma delle aree dei quadrati costruiti sui cateti”, tornò di attualità e fece ripartire le lancette della fiducia nel positivismo.
Mistico e scientifico, rigoroso e multidisciplinare, Zellini attraversa quella parte dimenticata dalla scienza che contiene anche la sua finalità più alta, ossia la comprensione dell’armonia universale che ci sovrasta, che non possiamo dominare o stravolgere. I nostri avi sapevano che i piatti della bilancia non erano e mai saranno in equilibrio e che la matematica e la geometria erano i modi più semplici per capire le regole attraverso cui le forze agenti si compensano.
Ma perché questo? La grandezza della saggezza antica risiedeva in un semplice fatto: non pretendere di ricavare una risposta definitiva, ma solo di capire le regole della natura, perché mai si potrà giungere a rispondere a quel misterioso primo “perché” da cui tutto ha avuto origine.