Yukio Mishima, quelle confessioni a volto scoperto
Articolo scritto da Martino Ciano – già pubblicato su Gli amanti dei libri
Un ragazzo che non ha nessuna attrazione per le donne, scopre pian piano il suo essere nella maniera più cinica possibile, ammettendo e, nel contempo, mascherando a se stesso la sua natura. Sembra una storia dei nostri giorni, in cui tutti fanno outing, invece, Confessioni di una maschera di Yuko Mishima è un romanzo del 1949.
Sessantasette anni e non dimostrarli; solo i grandi della letteratura riescono a costruire opere immortali e non è detto che siano per forza europei. Giapponese e simbolo artistico della degenerazione culturale che il Sol levante visse dopo la seconda guerra mondiale, e che ancora oggi fa di questo paese un luogo diviso tra tradizione asiatica e modernità occidentale, il Mishima scrittore ci regala un quadro lucido della sua nazione, delle tradizioni e delle nuove aspirazioni giapponesi, sempre più corrotte dalle nuove icone occidentali e dai diktat culturali d’oltreoceano.
Jeans, cinema, spettacolo, tutto diventa perturbante feticismo. Il non sentirsi liberi, il non poter essere ciò che si vuole, l’ambiguità sessuale e culturale della società giapponese, tutto finisce in questo quadro struggente dal quale il protagonista vuole uscire da eroe, con una morte romantica. Il rituale suicida col quale Mishima porrà fine alla sua vita negli anni settanta è già annunciato in quest’opera.
Un libro che si legge velocemente, ma che lascia profonde perplessità. L’opera è scritta in prima persona; sembra che ognuno di noi ne sia il protagonista. Le vicende narrate sembrano tratte da un diario, ma su di esse aleggia una sorta di suspance etica, come se già ci prospettassero il giudizio che noi ci aspettiamo. Invece, ecco apparire solo una maschera.
Consigliato a chi cerca una letteratura riflessiva e introspettiva.