Wilderness. Il tradimento… e non vissero mai felici e contenti

Wilderness. Il tradimento… e non vissero mai felici e contenti

Articolo di Letizia Falzone. In copertina la locandina presa dal web

Quella tra Liv e Will sembra una relazione perfetta: giovani, belli e innamorati, sono l’immagine ideale della coppia felice. Dopo un anno di matrimonio, decidono di lasciare l’Inghilterra per partire insieme alla volta degli Stati Uniti, affinché Will possa perseguire la sua carriera. Liv abbandona quindi la sua casa, la sua famiglia, i suoi amici e il suo lavoro da giornalista per accompagnare il marito in questa nuova avventura.

Completamente dedita al consorte, trascorre le sue giornate ad occuparsi della casa, in attesa che lui faccia ritorno. Tutto sembra andare per il meglio, quando le capita per le mani un messaggio inaspettato, che le apre gli occhi su una verità sconcertante e dolorosa: Will è andato a letto con un’altra donna. Confusa e ferita, Liv decide di vendicarsi.

Adattamento dell’omonimo romanzo di B.E. Jones, la serie scritta e ideata da Marnie Dickens racconta in modo accattivante la storia di vendetta di una donna in guerra: con il marito, con la madre, con il suo passato e con sé stessa. La serie fa parte del genere revenge-thriller con una forte impronta da procedurale poliziesco e una spiccata attenzione ai moventi psicologici, nonché ai condizionamenti sociali subiti dalla protagonista.

O eroina, o strega, o arpia, o vendicatrice…

Rifiutando la logica schematica e piatta, bidimensionale, della tinta unita, Olivia ingolfa la serie con la sua voce fuori campo per farci capire che lei, e non solo, è l’incastro caotico di un mucchio di sfumature. La sua storia sembra la più classica delle rivincite. Liv è fieramente determinata a ottenere la sua vendetta, e il fatto stesso che sia la voce narrante ci dice che, in qualche modo, otterrà un risultato. Ma a inquietare è proprio il modo perseguito dalla moglie tradita. Ed è inquietante perché non si capisce quanto e fino a quando sia giusto “tifare” per lei.

Il personaggio, interpretato dalla bravissima e bellissima Jenna Coleman, cattura il pubblico con sentimenti veri, autentici, in cui è facile immedesimarsi, per poi trascinarlo in una zona del cervello dove la giustizia personale schiaccia tutto il resto, a prescindere dall’etica.

Wilderness è costruita in modo molto furbo: narrata dal punto di vista di Olivia, la moglie tradita, spinge il pubblico a simpatizzare con lei, vittima del marito egoista e bugiardo, ma le cose sono destinate a cambiare. L’intento è quello di mostrare cosa si può arrivare a fare quando dedichiamo tutta la vita a qualcuno, sbagliando, senza riservarci un piano B, e quel qualcuno manda a far benedire i nostri piani.

In Wilderness, passiamo da un “e vissero felici e contenti” a cui, in effetti, non crede nessuno, a “vissero un incubo che li ha trasformati per sempre”…

La trasposizione televisiva del romanzo ruota attorno alla curiosità dello spettatore, in particolare nella sua immedesimazione in una delle due “parti” in gioco nella coppia. Che, per esperienza o semplici timori, ci si identifichi nel tradito o nel traditore, poco importa: il coinvolgimento emotivo è presente.

Ci chiediamo se il traditore verrà scoperto, e cosa gli succederà. Ci chiediamo se il tradito scoprirà il tradimento, e come reagirà. Siamo curiosi, quando ci troviamo nei panni di Liv o di Will, perché le esperienze che vivono sono esperienze universali.

La mini-serie ha il pregio di saper cambiare prospettiva, sorprendendo il fruitore con guizzi di scrittura che spiazzano e lasciano interdetti, spinti a proseguire la visione in un binge watching il cui epilogo non delude e porta anche a qualche riflessione. Limitandosi al rapporto di coppia, c’è la violenza che si innesca quando l’uomo fa pressioni psicologiche per nascondere i suoi scheletri nell’armadio. Ci sono la forza e il coraggio delle donne nel reagire, presto o tardi, agli abusi mentali subiti per troppo tempo.

Certo nella miniserie si arriva agli estremi, la protagonista Olivia fa cose che neppure lei si aspettava di poter mai combinare (fuori controllo per l’appunto); ma il messaggio è lo stesso e sembra dire all’uomo: fai attenzione, perché non sai di cosa sono capace.

Sembra una storia sulla femminilità e su come si viene spinte verso un punto di non ritorno, una sensazione che seppur estrema è molto più comune di quanto si pensi; il viaggio di Liv è però complesso, spiazzante e stratificato. Cosa definisce, a conti fatti, l’identità di una persona? Le circostanze, i condizionamenti della società, la guerra dei sessi, la famiglia, le cose che ci portiamo dentro e che non confessiamo a nessuno?

Può una donna liberarsi dal giogo senza pagare dazio al marcio che una società ingiusta e maschilista le ha riversato contro per tutta una vita? Libera e innocente, è possibile?

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